n.8 - Indicazioni nazionali verso dove

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È in atto il percorso di accompagnamento delle “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d’istruzione” che, nella versione 2012, entrano in vigore in questo anno scolastico 2013-14.

Il testo ufficiale delle Indicazioni si può trovare nella Gazzetta Ufficiale, dove è stato pubblicato all’inizio del 2013 (cfr. http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/02/05/13G00034/sg).

Le Indicazioni sono un documento piuttosto importante e da non sottovalutare, perché costituiscono le coordinate fondamentali sulla base delle quali le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (elementari e medie) procedono all'elaborazione dell'offerta formativa.

Le attuali Indicazioni (2012) sono il risultato di una elaborazione della durata di una decina di anni, che ha portato, prima, alle “Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati” (ministro Moratti) e poi alle “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo d’istruzione” (ministro Fioroni), che si stemperano, infine, nell’attuale impianto scritto tutto all’insegna del nuovo quadro delle competenze europee.

“Le Indicazioni nazionali – recita il nuovo testo – intendono promuovere e consolidare le competenze culturali basilari e irrinunciabili tese a sviluppare progressivamente, nel corso della vita, le competenze-chiave europee.” Ricordiamo per inciso che il Parlamento europeo ha legiferato in tal senso nel 2006.

Le Indicazioni, la cui nuova veste consegue a una consultazione nazionale delle scuole (4500 risposte) sposano la pedagogia del curricolo, sulla quale sono stati versati fiumi di inchiostro e che dovrebbe, come precisa il regolamento che accompagna la loro pubblicazione in G.U., “introdurre nell’organizzazione e nel funzionamento della scuola… misure di riorganizzazione e qualificazione, al fine di assicurare migliori opportunità di apprendimento e di crescita educativa, e dell’assolvimento dell'obbligo di istruzione”.

In questo senso, argomentiamo noi, è molto importante comprendere e fissare il compito delle scuole che non possono e non devono essere private della loro autonomia nella determinazione delle scelte di flessibilità (ammesso che ancora ne resti una minima possibilità).

Infatti, come è ormai sinfonia dominante, la situazione della scuola italiana nel segmento di cui ci stiamo occupando non è delle migliori: le rilevazioni internazionali non ci vedono ben posizionati nelle statistiche di riferimento, con il nota bene, tuttavia, che esistono discrasie tra una regione e l’altra, nonché tra il percorso elementare, ancora di buon livello, e quello successivo (superiore di primo grado) dove cominciano i guai.

In questo scenario s’innestano le misure di accompagnamento gestite dal Comitato Scientifico nazionale (coordinato dal prof. Italo Fiorin) fattosi presente al mondo della scuola lo scorso agosto con un pesante “Documento di lavoro”. Citiamo: “Le nuove Indicazioni presentano un modello di scuola impegnativo, che costituisce un punto di riferimento obbligatorio, pur nel rispetto della libera iniziativa didattica degli insegnanti e nell’esercizio dell’autonomia progettuale delle singole scuole”. La relativa circolare ministeriale ha avviato le attività che dovrebbero coinvolgere scuole e insegnanti, sul versante dell’informazione, della formazione, della ricerca, del monitoraggio e della documentazione.

Come si vede, la dialettica tra obbligatorietà della norma e autonomia è il filo conduttore dell’operazione. Dipenderà dall’intelligenza strategica di dirigenti, collegi, singoli insegnanti trovare il punto di equilibrio tra ciò che si deve, ciò che non si deve e ciò che si può.

Per parte sua, la citata circolare (n. 22 del 26 agosto 2013), chiarisce che “L’adozione delle Indicazioni nazionali va considerata come attività ordinaria […] Ogni scuola, nell’ambito della propria autonomia, adotta le strategie e le soluzioni più opportune per una conoscenza approfondita delle nuove Indicazioni”. E il documento del Comitato scientifico aggiunge: “La finalità principale delle misure di accompagnamento è quella di promuovere nelle istituzioni scolastiche statali e paritarie dell’infanzia e del primo ciclo un processo sistematico di riflessione, formazione e ricerca che abbia nelle Indicazioni il suo riferimento fondamentale”.

Per mettere a frutto il proprio patrimonio culturale e didattico le scuole dovranno mettersi in rete e collegarsi alla società civile. La circolare è esplicita in questo senso: “Il decreto istitutivo del Comitato richiede forme di collaborazione continuative tra il Comitato e l'associazionismo professionale e disciplinare. Altri contatti saranno intrapresi con le rappresentanze sindacali, il sistema universitario, il mondo dell’editoria, per individuare l’apporto che ciascuno può offrire al miglioramento della qualità dell'insegnamento”.

La presente newsletter segue a ruota l’audizione del Comitato scientifico con le associazioni professionali (31 ottobre). La sensazione è che non si parta sotto i migliori auspici. I finanziamenti a sostegno delle reti sono veramente risicati e non tutte le reti potranno essere finanziate, ma soprattutto nemmeno la metà degli Uffici regionali si è preoccupata di convocare le associazioni professionali come previsto dal decreto istitutivo.

Tenuto conto di ciò che le associazioni professionali hanno prodotto e producono, per passione non per mestiere in tema di esperienze vive di scuola, privarsene è un errore fatale. Forse c’è ancora tempo per raddrizzare la nave. Forse…