N.12 - Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a sei anni: una delicata questione culturale

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Con la legge n. 107 del 13 luglio 2015 il Parlamento ha delegato il governo ad adottare un decreto legislativo relativo all’istituzione del “sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a sei anni”. La materia è assai delicata e complessa per ragioni di natura ordinamentale, giuridica e amministrativo-gestionale considerato che attualmente il settore prima e seconda infanzia sono distinti e fanno riferimento uno al sistema di welfare regionale e l’altro al sistema di formazione e istruzione statale (MIUR).

Il testo attuale di delega della legge n. 107/2015 - all’art. 1, comma 181, lettera e) - presenta un impianto che si fonda sul riconoscimento, da parte dello Stato, del diritto di tutte le bambine e i bambini a pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco. È questo uno dei passaggi decisivi che permette di sottrarre i servizi per la prima infanzia alle geometrie variabili dei diversi sistemi di welfare regionali e dare una continuità all’azione educativa a favore della crescita dei bambini e delle bambine fino al sesto anno di età.
Interessante è anche l’ipotesi che sostiene la delega e che consiste nel finalizzare la politica dei servizi educativi per la prima e la seconda infanzia al riconoscimento istituzionale dell’unitarietà del percorso formativo fino a sei anni. Tale riconoscimento rappresenta l’occasione per affermare in concreto la peculiarità del modo con il quale il bambino fino a sei anni di età incontra la realtà e si rapporta ad essa e per costruire intorno a questa peculiarità pedagogica una forma organizzativa organica e unitaria fino al punto di dare vita ad un percorso specifico e differenziato.
Non saranno servizi per l’infanzia e scuole dell’infanzia qualunque quelli che dovranno accogliere i bambini, ma dovranno poter offrire loro esperienze educative di qualità. Per questo il testo legislativo non solo indica la qualificazione universitaria e la formazione continua delle figure educative e delle insegnanti come livello essenziale, ma prevede anche la determinazione di precisi livelli di prestazioni essenziali a livello nazionale in ambito organizzativo, strutturale e di prestazioni.

Tra le tante questioni che l’attuazione di questo progetto solleva due emergono per importanza, perché da esse dipenderà la qualità del servizio stesso. Innanzitutto il concreto riconoscimento della primaria responsabilità dei genitori nell’istruzione e nella educazione dei propri figli, che si traduce nella effettiva possibilità di scegliere il servizio che meglio si riconosce adeguato a collaborare alla realizzazione del compito educativo e, all’interno di questo, la partecipazione alla individuazione degli obiettivi educativi e della configurazione dei luoghi educativi frequentati dai loro bambini. L’altra questione dalla quale dipenderà la qualità del servizio sono le modalità con le quali si attuerà la formazione iniziale del personale educativo.
Sarà compito specifico del Governo elaborare una normativa che nei fatti sappia riconoscere e promuovere quel sistema di “welfare mix” che, già nel presente, prevede nell’ambito della gestione di un servizio pubblico il concorso paritario di Istituzioni Pubbliche (Stato ed Enti Locali) e di nuove forme organizzative di comunità (settore non profit o terzo settore). È la così detta sussidiarietà orizzontale che riconosce a questi soggetti della società civile la possibilità di svolgere, in autonomia e all’interno di una quadro definito di norme generali, la funzione di erogatori di un servizio a rilevanza pubblica relativo alla persona (che sia esso di natura educativa, istruzione, socio-sanitario, ecc.).
Il riconoscimento e la promozione della sussidiarietà orizzontale è la sola condizione che, da un lato, permette ai servizi stessi di seguire tempestivamente i cambiamenti che caratterizzano la società postmoderna, adattandosi alle nuove esigenze delle persone e di rendere; dall’altro, di rendere effettivo l’esercizio della libertà di educazione della famiglia.
Nel caso dei servizi educativi 0-6 poi, a questa ragione di carattere funzionale e istituzionale, se ne aggiunge un’altra, di natura pedagogica. Il contenuto specifico di questi servizi, infatti, in coerenza con le tappe di sviluppo del bambino, ha il suo baricentro, sia pure con modalità e pesi diversi in relazione alle diverse età, in attività di cura e assistenza (intesa nel senso più compiuto di accompagnamento del soggetto nella sua introduzione alla vita intera) e le forme di insegnamento sono sempre presenti attraverso la figura dell’insegnante e non sono l’esito di azioni dirette e formalizzate. Per questo la qualità della relazione con l’adulto, e attraverso questa la qualità della relazione con l’intero contesto di vita, rappresenta il punto decisivo intorno al quale si sviluppa l’attività del servizio. Questo richiede un’armonicità tra le relazioni che si instaurano nel servizio e le relazioni che il bambino intrattiene al di fuori dello stesso, una sintonia tra contesto familiare e contesto proposto dal servizio e che ne determina la qualità. Questo richiede una sintonia tra contesto familiare e contesto proposto dal servizio. Tale armonicità è condizione necessaria per l’efficacia dell’azione formativa del servizio stesso e va quindi posto al centro della realizzazione del “sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni”.
I nuovi percorsi di formazione iniziale dovranno portare la massima attenzione a questi aspetti qualificanti il servizio, tanto della prima quanto della seconda infanzia.

Per concludere. Libertà di scelta delle famiglie, flessibilità e diversificazione di modalità organizzative e di risposta ai bisogni, pluralità di attori sociali coinvolti nella gestione dei servizi, autonomia istituzionale, organizzativa ed educativa sono tutti pilastri senza i quali la costruzione del sistema integrato per l’infanzia potrebbe risultare fallimentare. Per questo alcuni punti, che di seguito richiamiamo, richiedono una ragionevole attenzione e un necessario approfondimento:

  1. la sostanziale “statalizzazione” del servizio non deve comportare l’irrigidimento dei modelli organizzativi legittimati;
  2. il rischio legato alla ‘precocizzazione’ e conseguente “istituzionalizzazione precoce dell’educazione” in chiave prevalentemente formale;
  3. grande importanza avranno le modalità della formazione iniziale degli operatori che dovrà prevedere forme di alternanza apprendimento teorico-apprendimento esperienziale guidato, quantitativamente e qualitativamente significative;
  4. l’ipotesi di costituire ‘poli per l’infanzia’ che raggruppino i servizi educativi 0-6 anni è interessante a condizione che vengano rispettate le caratteristiche specifiche che attualmente caratterizzano il servizio del nido e la scuola dell’infanzia. Alla luce di quanto prima richiamato lascia quindi molto perplessi l’idea di aggregarli ad istituti comprensivi che non sono ancora riusciti ad avviare un corretto rapporto tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, secondo quanto previsto dalle Indicazioni per il 1° ciclo;
  5. un ruolo decisivo nel rendere effettiva la possibilità di articolazione dell’impegno assunto dal Governo sarà svolto dalle modalità con cui avverrà il finanziamento del sistema. Queste modalità non dovranno privilegiare modelli precostituiti, ma dovranno riconoscere e corrispondere alla reale capacità di perseguire gli obiettivi previsti nel rispetto delle norme comuni.

D’altra parte, un contesto che voglia valorizzare la sussidiarietà orizzontale, premessa necessaria ad un servizio di qualità, impone a tutti i soggetti interessati e, per la centralità che ha nel sistema, in modo particolare all’Ente pubblico (statale, regionale e locale) di ripensare molti aspetti della sua tradizionale modalità di azione.
La futura normativa dovrà quindi saper proporre un quadro in cui siano chiaramente distinti i ruoli dell’Ente Pubblico che agisce, in primo luogo, come garante dei diritti di ogni bambino all’educazione in condizioni di pari opportunità sull’intero territorio nazionale e, insieme, di ogni genitore ad esercitare effettivamente il dovere/diritto che la Costituzione gli assegna. In secondo luogo, L’Ente Pubblico esercita la funzione di regolatore generale del sistema attraverso la definizione dei livelli di prestazione essenziali e la distribuzione equa delle risorse. Da ultimo, e ‘alla pari’ con una pluralità di attori sociali accreditati, come gestore, funzione che assume in quelle realtà in cui fatica ad avviarsi una iniziativa dei soggetti del terzo settore e della società civile. In questo caso l’Ente Pubblico ha il compito di definire le modalità organizzative con le quali intende organizzare il servizio e che, ovviamente, devono valere solo per i servizi di cui ha la responsabilità gestionale diretta.

In tutto questo ambizioso progetto le modalità con cui avverrà il finanziamento dell’intero sistema riveste un ruolo decisivo nel rendere effettiva la possibilità di articolazione e implementazione dell’impegno assunto dal Governo. Queste modalità non dovranno privilegiare modelli precostituiti, ma dovranno riconoscere e corrispondere alla reale capacità di perseguire gli obiettivi previsti, nell’ambito di norme comuni e condivise, da parte dei diversi soggetti accreditati.