N.16 - L’alternanza scuola-lavoro: una sfida da raccogliere

2016_2017_16-l-alternanza-scuola-lavoro.-una-sfida-da-raccogliere.pdf105 KB

Il fenomeno dell’alternanza scuola-lavoro non inizia con la legge 107 del 2015 sulla Buona Scuola, ma certamente il peso notevole con cui ora sta investendo la scuola italiana impone un nuovo approccio: dal 2014/15 all’anno successivo, infatti, le scuole coinvolte sono passate da poco più del 40% a quasi il 90% e nel prossimo anno scolastico sperimenteranno l’alternanza quasi un milione e mezzo di ragazzi.
In questa situazione non è più il tempo di dichiarazioni di principio a favore o contro, è assolutamente necessario cercare di capire.

Quindi, quali sono le questioni in gioco?

Una questione culturale, innanzitutto.
L’alternanza rappresenta una potente sfida verso quella parte della cultura scolastica espressione del “Paradigma della Separatezza dal Mondo” che ha segnato gli interventi legislativi degli ultimi decenni. Di questa impostazione occorrerà certamente salvare l’apertura della scuola a tutti e l’impegno a contrastare la disuguaglianza.
Oggi non regge l’idealizzazione della cultura come antitesi alla vita concreta, materiale e contestualizzata. Non si tratta di una svalutazione, per così dire, del valore della cultura: in gioco infatti c’è un'idea di cultura come “archeologia” contrapposta ad una “viva”, cioè capace di leggere e comprendere la realtà. O del sapere contrapposto al fare.

Una questione culturale, quindi, che è anche una questione pedagogica.
Nel suo nucleo si può ridurre alla domanda “la scuola basta a se stessa?”. Cioè: ce la può fare (ce la dovrebbe fare?) da sola a formare le nuove generazioni, mosse da esperienze di vita significative più che da un set di formalizzazioni e di regole?
Nel rispondere a questa domanda forse potremmo trovare anche qualche suggerimento per comprendere il rapporto tra conoscenze/abilità e competenze, che non può essere appiattito, come oggi avviene, su modalità meccaniche e incapaci di riconoscere ciò che avviene in realtà nell’allievo (come emerge dalle difficoltà a esprimere una valutazione distinta per questi due ambiti).
L’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro si colloca dentro queste sfide che abbiamo provato solo ad accennare.

La questione didattico-organizzativa rappresenta, di conseguenza, solo il modo con cui le scelte fatte sul piano culturale e pedagogico modellano il corpo concreto della scuola. Senza un’idea (un significato) i cambiamenti didattici, anche quelli che appaiono buoni, contribuiscono solo ad aumentare la confusione. E senza una stringente traduzione dell’idea in forme organizzative concrete aumenteremo solo nell’allievo la percezione di una spaccatura incolmabile tra la sua esperienza concreta e le forme dell’apprendimento che vengono proposte. Solo avendo chiare che sono queste le questioni in gioco l’alternanza può diventare occasione per dare nuova vita alla scuola.

Riteniamo importate che l’associazione possa favorire un confronto tra gli insegnanti e sostenere i tentativi messi in atto in questi anni. Vorremmo perciò ripartire da alcune domande.
Quali sono le condizioni perché l’alternanza possa essere davvero una esperienza educativa per i ragazzi? Che cosa significa pensare l’alternanza a partire non dalla scuola (e da noi insegnanti) ma dall’allievo?
E che cosa significa considerare il lavoro non solo come “utilità” e “funzionalità”, ma come una condizione di vita che pone l’allievo in una prospettiva da cui guardare la realtà (la vita) in modo diverso da quello scolastico? Quale tipo di diversità stanno sperimentando?
Dobbiamo interrogarci, anzi, lasciarci interrogare. Solo così anche il fenomeno dell’alternanza avrà qualcosa da dire a tutti noi.
Per questo Diesse promuove da anni un confronto su questi temi (i dibattiti alle annuali Convention e la Bottega su Scuola e Lavoro ne sono solo due esempi) e oggi intende rilanciarlo a tutti.