N. 7 - R-estate a scuola?

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È innegabile che la Circolare ministeriale del 27 aprile scorso abbia portato scompiglio anche a chi nella scuola lavora incessantemente e con grande passione, per non citare poi lo scetticismo trasmesso da alcune riviste online considerate i “guru” dei docenti. Dalle agenzie di stampa infatti era trapelato un messaggio del tipo: a scuola si è lavorato poco, i ragazzi devono recuperare quanto perduto in oltre un anno di dad, prolunghiamo in qualche modo la scuola.

Eppure, con buona pace di tutti, la Circolare ha rilanciato alle scuole una proposta singolare in cui, chi ha provato ad andare oltre il preconcetto iniziale, ha potuto cogliere, in 9 paginette, un progetto flessibile animato davvero dalla volontà di non lasciare indietro nessuno studente, “utilizzando tutta la dedizione umana e professionale possibile”, nel tentativo di ridurre le differenze economiche, sociali, nonché le povertà educative di larga parte degli studenti italiani. Alcune riserve certamente sono comprensibili, specie sui tempi di realizzazione, sulla fattibilità delle proposte a fronte della facoltatività della partecipazione, sul rischio di disperdere risorse se non progettate in un quadro complessivo. Resta una proposta che, seppure nata sull’onda dell’emergenza, comporta più di 500 milioni di euro di investimento.

L’iniziativa del tutto inedita, partendo dalla costatazione della crisi attuale e dal riconoscimento che tutto il personale della scuola (non solo i docenti!) ha messo in campo uno straordinario impegno, fa ancora una volta appello al senso di responsabilità delle scuole, a cui chiede di contribuire fortemente a costruire “un ponte per il nuovo inizio”, del settembre prossimo e non solo. La Nota infatti si situa nel solco dell’impegno internazionale dell’Agenda 2030, affrontando il problema delle povertà educative secondo il goal n. 4, che sollecita un’educazione di qualità, equa e inclusiva. Le attività auspicate, infine, vanno collocate in una “cornice di senso”, cioè partendo dalle situazioni reali presenti nella scuola e favorendo esperienze e percorsi che poi verranno assunti e sviluppati nel prossimo anno scolastico; quindi non attività-fungo estemporanee, giustapposte, ma attività in continuità col PTOF, atte a potenziare un’istituzione scolastica, protese a un suo sviluppo e miglioramento. Un progetto abbastanza flessibile, adattabile a esigenze e condizioni disparate, realistiche, che si propone obiettivi formativi alti.

Forse, quindi, vale la pena provare ad andare oltre l’iniziale diffidenza, provare a vedere quali sono le risorse che possono essere mobilitate, senza dimenticare che ogni scuola può sviluppare il Piano Estate con il contributo del mondo del Terzo settore. Ci sembra quindi che questa sia una possibilità, da affrontare con realismo certamente, di aprire i confini tra la scuola e il territorio circostante, con tutta la sua ricchezza, dando ulteriore concretezza alla tanto auspicata sinergia dei Patti di comunità. L’orizzonte per noi rimane ancora una volta chiaro: abbiamo di fronte i bambini e i ragazzi che abbiamo accompagnato e che vogliamo continuare a guardare nelle loro attese, nelle fatiche accumulate, nelle possibilità che chiedono di potersi dischiudere grazie a proposte significative da parte di adulti consapevoli ed appassionati.

Non quindi un “restate a scuola”, ma una possibilità di apprendere in modi diversi come occasione di riannodare il nesso tra realtà e scuola.

Forse così sarà più vera l’affermazione di John Lennon, citata nella Circolare, secondo cui “la vita è ciò che ci accade mentre facciamo altro”. Forse, allora, per alcune migliaia di giovani questa “scuola d’estate” potrà rappresentare occasione di passi nuovi e potrà aiutarli a trovare nuove strade da percorrere nelle realtà più diverse, specie in quelle più difficili.