N.1 - Ripartire dalla passione educativa
“Fuga dalla scuola” è il titolo del Dossier curato dalla rivista Tuttoscuola e rilanciato con grande enfasi, giustamente, dal settimanale l’Espresso. Giustamente perché i dati raccolti denunciano una situazione drammatica della nostra scuola. Numeri che non possono non allarmare o far riflettere. Dal 1995 ad oggi oltre 3,5 milioni di ragazzi risultano “dispersi” dal primo al quinto anno delle scuole superiori, producendo un costo sociale di oltre 55 miliardi: notizia - quest'ultima - che fa breccia particolarmente nell’opinione pubblica, come tutte le altre che riguardano le “tasche del contribuente”. Certamente la situazione degli ultimi 5 anni è in parte migliorata, ma il problema rimane grave se consideriamo che nell’a.s. 2017/18 l’abbandono ha riguardato il 24,7% degli studenti, cioè 151.555 studenti delle suole superiori. Ed è un fenomeno che non risparmia nessuna area del Paese, con picchi negativi dal Nord al Sud (Lombardia 25,8%, Toscana 28,1% e Sicilia 28,3%). Insomma, in Italia, un quarto degli alunni che iniziano le superiori in un istituto pubblico non arriva al diploma. In realtà si erano già visti alcuni segnali di questo malessere. Tra i diversi sondaggi sui NEET, dall’Indagine Eurostat - che prende in considerazione i giovani tra i 18 e i 24 anni, con dati relativi al 2017 - è emerso che, a fronte di una media europea del 14,3%, in Italia i NEET sono stati il 25,7%. Un dato inquietante, anche perché in crescita rispetto al 2016 e non lontano dal massimo registrato nel 2014 (26,2%). Un dato che, da una ricerca sullo stesso fenomeno da parte del Centro Studi Toniolo, aveva spinto a definire questi giovani “una generazione in panchina”.
Anche il Rapporto della primavera scorsa "Nuotare contro corrente. Povertà educativa e resilienza in Italia" condotto da Save the children aveva tracciato l'immagine di un Paese vietato ai minori, dove quasi un milione e 300mila bambini e ragazzi, il 12,5% del totale, vive in povertà assoluta, che è anche povertà educativa: oltre la metà non legge un libro, quasi uno su tre non usa internet e più del 40% non fa sport. Ma, soprattutto, l’Italia è un Paese dove i minori molto spesso non riescono a emanciparsi dalle condizioni di disagio delle loro famiglie e non hanno opportunità educative e spazi per svolgere attività sportive, artistiche e culturali.
A tingere ulteriormente l’aria di grigio, l’editoriale del Corriere del 9 settembre di Ernesto Galli Della Loggia Il Belpaese è diventato brutto, in cui denuncia: “Da due-tre decenni il Paese è rimasto privo di qualunque sede pubblica deputata alla formazione non solo e non tanto culturale ma specialmente del carattere e della sensibilità civile, all’insegnamento di quei valori in definitiva morali su cui si regge la convivenza sociale”. Molti i responsabili di questo imbarbarimento, tra cui - ovviamente - la scuola. “Nel dopoguerra per milioni di italiani avviati a uscire da un mondo rurale spesso primitivo, la parrocchia, l’oratorio, furono una palestra di acculturazione civile, di una certa appropriatezza di modi, di rispetto delle competenze e dei ruoli, di avviamento alle regole di una non belluina convivenza. Opera in parte analoga svolse la scuola. Ancora sicura di sé, della sua funzione e del suo buon diritto a esercitarla, la scuola istruì, valse a sottolineare senza remore l’indiscutibile centralità della cultura e dello studio, educò alle forme basilari della modernità e delle istituzioni dello Stato così come alla disciplina e al rispetto dell’autorità”.
In questi giorni la scuola sta ricominciando, un po’ a macchia di leopardo, come ogni anno: ma possiamo far finta di nulla? Possiamo ricominciare come se queste denunce non riguardassero anche noi e la nostra azione educativa?
No, non è possibile. Queste domande devono rimanere aperte e sfidarci, e non solo nei primi giorni di scuola. Dietro l'abbandono, il rifiuto o l'indifferenza di molti giovani verso la scuola si nasconde un disagio profondo, che ci sfida a giocare la prima mossa della partita educativa con più passione e con la certezza che infiammare gli animi dei nostri alunni si può, perché in essi c'è una forte sete di conoscenza e ancor più di significato, che magari, però, giace intorpidita dalle mille distrazioni in cui la società immerge tutti. E chiedere ai ragazzi di seguire il filo rosso segnato dalla sete di significato iscritta in ciascuno può letteralmente cambiare la vita a tanti, come forse è successo a chi di noi ha modificato la propria idea di futuro perché ha dato credito a un maestro incontrato magari per caso. E come è successo a tanti ragazzi di Brancaccio che hanno avuto la fortuna d'incontrare sui loro passi don Pino Puglisi, ucciso proprio 25 anni fa dalla mafia perché "portava i ragazzi con lui" e faceva sperimentare loro, con grande umanità e allo stesso tempo con decisione, una modalità di vita alternativa a quella della violenza e dei soldi facili.
Educare è possibile, anche nelle situazioni più apparentemente ostili e lontane, proprio in virtù di quel punto infuocato che abbiamo come particolare alleato nell'animo dei giovani.
Per questo non possiamo arrenderci anche di fronte alle analisi macroscopiche più dure: la resilienza inizia sempre per così dire nel "microcosmo", cioè in un rapporto educativo serio e appassionato.
Anche per rispondere a questa sfida odierna, un numero insolito d'insegnanti di ogni ordine e grado d'Italia (più di 700) s'incontrerà nella prossima Convention di Diesse, nel weekend del 20 e 21 ottobre prossimi, spendendo le proprie energie, il proprio tempo e i propri soldi, per confrontarsi sulla passione che li lega alla scuola, fino a discutere del metodo, dei contenuti e degli strumenti che aiutano ad andare al nocciolo della questione, così delicata e vitale. Un appuntamento a cui ci sentiamo di invitare tutti coloro che queste domande e questa passione hanno vive dentro di sé link convention.
Oltre ad augurare a ciascuno un lavoro appassionato e proficuo per il nuovo anno scolastico, vorremmo approfondire il dialogo e il confronto su questi temi anche attraverso il nostro sito: per questo v’invitiamo a comunicare le vostre riflessioni all’indirizzo mail comunicazione@diesse.org