N. 5 - Alle fondamenta dell'architettura di pace
Quante volte il tran tran quotidiano ci distoglie dallo scopo più nobile del lavoro scolastico, e quante volte ci chiediamo se sia ancora possibile educare, scoraggiati da fragilità, disagi e violenza giovanile da un lato, sovraccarico di lavoro e burocrazia scolastica dall’altro. Eppure capita, imprevedibilmente, che dentro una relazione significativa coi propri studenti questo obiettivo si raggiunga a dispetto di sondaggi, notizie di cronaca e difficoltà varie.
Come ad esempio per una ragazza liceale che, incoraggiata dal suo prof in un momento buio, gli risponde grata ma sincera: “Non sto bene. É una settimana triste e pesante e so che lo sarà anche la prossima… Io non conoscevo il ragazzo che non c’è più, ma ha lasciato in me un vuoto incredibile (…) Questa vita è strana, questo mondo è strano e accadono ogni giorno troppe cose tristi e brutte. Spero che tutti possano rendersi conto che il tempo non torna, quindi da oggi in poi custodirò gelosamente nel mio cuore ogni attimo, ogni momento di questa vita. Non mi preoccuperò più di sbagliare ogni tanto, perché anche lo sbaglio è vita e come tale va vissuto. (…) La ringrazio ancora una volta per esserci stato”.
O come i ragazzi sfidati e accompagnati dai loro insegnanti nella partecipazione al Concorso nazionale di filosofia Romanae Disputationes 2024. "Quid est tempus?" è stato chiesto loro, invitati a esplorare le profondità di una delle questioni più enigmatiche dell'esistenza umana. Gli studenti hanno affrontato il tema proposto con impegno, cercando di decifrare il tessuto stesso della realtà attraverso il prisma delle loro esperienze personali. Tantissime le esperienze di ragazzi – magari inizialmente timidi o riservati – che si sono lasciati guidare a mettere in gioco i propri talenti e il desiderio inconfessato di essere riconosciuti e valorizzati.
Dopo i mesi più intensi del lavoro scolastico, in tanti potremmo raccontare lezioni che hanno acceso una scintilla negli occhi dei nostri alunni, relazioni rinnovate, momenti in cui l'insegnamento trascende il semplice modello trasmissivo per diventare un percorso profondamente umano e arricchente da ambo le parti.
Non è che la fragilità dei giovani sparisca improvvisamente, ma – nel caos in cui le relazioni interpersonali sono spesso mediate da schermi, in cui il mondo dell’intelligenza artificiale sembra subissarle e gli adulti si rivelano spesso lontani o inadeguati – i germogli di cambiamento che vediamo nei giovani ci fortificano nel continuare le azioni quotidiane di cura ma anche di lotta, nutrendo anzitutto per noi stessi la speranza e la positività che possiamo rinnovare, attraverso il fascino della conoscenza e le provocazioni della realtà.
Il nostro augurio pasquale ricalca le recenti parole di papa Francesco a proposito del cambiamento di sé, della responsabilità generativa che contribuisce a una vera e propria ‘architettura della pace’: “Educare è un atto di speranza. Per educare bisogna nutrire una speranza nella persona da educare che è portatrice di bene e di novità”. Buona Pasqua di rinascita!