Febbraio 2011

Oggi, in prima media, presento l’analisi di una situazione legata alla realtà. Leggo la consegna e fornisco le indicazioni. Gli studenti sono incuriositi, ma alcuni si trasformano: l’espressione diventa incerta, gli occhi sono fissi, lo sguardo perso nel vuoto. Cosa sarà successo? Eppure non sto proponendo una verifica! Carla¹, per esempio, confessa di non aver “compreso” le istruzioni. Altri si accodano. Anche stavolta mi chiedo fino a che punto gli alunni siano stati attenti. Ma subito mi accorgo che i dubbi nascono da difficoltà di comprensione del linguaggio. E allora dico: “Ragazzi, non preoccupatevi, esprimete le vostre incertezze; noi insegnanti, a volte, usiamo alcuni termini convinti che siano da voi conosciuti quando invece sono per voi ignoti e quindi non sempre riusciamo ad essere chiari ed esaurienti!”. Altri pongono domande, chiedono chiarimenti, sollecitano spiegazioni. Cerco di fornire ulteriori delucidazioni. E poi ho un’idea: invito chi ha compreso la richiesta a spiegare con parole proprie ai compagni le informazioni che io ho appena illustrato. Essi accettano, si infervorano, usano un linguaggio più elementare anche se pertinente, uno si alza in piedi e comincia a gesticolare mimando alcuni aspetti del quesito in esame, un altro va alla lavagna per fare qualche schizzo… Ed ecco il “miracolo”: tutto risulta più semplice, chiaro e comprensibile, e si comincia a lavorare…
Passo tra i banchi e li osservo: alcuni inizialmente si distraggono, ma poi tutti si cimentano con entusiasmo, impegno, creatività e ingegnosità discutendo tra loro ed aiutandosi a vicenda.
Dopo un po’ di tempo molti di loro hanno ultimato e desiderano raccontare agli altri come hanno svolto l’attività e a quali conclusioni sono giunti. Tutti ascoltano con attenzione le spiegazioni, richiedono chiarimenti, esprimono le loro congratulazioni a chi è arrivato alla soluzione appropriata; io sollecito una maggior riflessione sul perché di certe scelte e sui procedimenti che li hanno fatti giungere ai risultati corretti.

Nel pomeriggio a casa ripenso alla mattinata. Non è la prima volta che gli allievi mi forniscono una collaborazione costruttiva nei confronti di compagni un po’ in difficoltà… E la mente va indietro nel tempo: alcuni episodi emergono dal passato e rivedo alcune scene, tra le tante vissute, come se si svolgessero in quel momento sotto i miei occhi…
Vanna, per rendere più comprensibile un concetto abbastanza complesso e difficile, si reca alla lavagna, prende in mano vari gessetti colorati e evidenzia alcuni passaggi traducendoli con parole proprie.
Massimiliano presenta uno schema riassuntivo costruito sulla base degli appunti raccolti durante l’intervento di un esperto e tutti i compagni ne chiedono una copia complimentandosi con lui.
Mauro si assume la responsabilità di risolvere un esercizio applicativo sulla tavola di ardesia per poterlo spiegare meglio ai compagni che non sono riusciti a svolgerlo a casa.
Valeria illustra a Giacomo la procedura corretta per impostare una presentazione con l’uso di un software specifico al computer.
Gianna si offre di aiutare un’amica nella risoluzione di alcuni esercizi che io ho assegnato come consolidamento di un concetto appena introdotto.
Giorgio chiarisce il pensiero, non del tutto esplicito, di Paolo che ha qualche difficoltà di linguaggio.
Angela sostiene Ginevra, che purtroppo ha ottenuto una valutazione negativa nella verifica, e la assiste nell’analisi degli errori.
Cesare consola Fabio che la notte scorsa ha perduto per sempre il nonno a cui era molto affezionato.

Nel corso degli anni ho “imparato” a valorizzare la cooperazione degli allievi, in particolare rispetto al coinvolgimento dei compagni che esprimono disagi di vario tipo.

L’aiuto tra i pari è certamente una strategia vincente!
¹I nomi sono di fantasia.