La pazienza di un insegnante

Ho ricevuto uno scritto con un “riconoscimento” da alcune mie alunne, Micaela¹, Marzia e Miriam:
Alla professoressa più paziente dell’anno, del lustro, del decennio… Complimenti!
Spesso mi sono sentita dire che sono un’insegnante molto paziente. Qualcuno - pochi per la verità - ha aggiunto l’aggettivo troppo! Gli studenti, generalmente, apprezzano questa virtù perché hanno bisogno di incontrare docenti che sappiano attendere ed ascoltare, che permettano loro di far emergere i sentimenti e le emozioni oltre che illustrare i “freddi” contenuti disciplinari…

Tanti sono i momenti in cui ricorro alla pazienza; eccone alcuni.
Quando entro in classe al cambio dell’ora e non impongo il silenzio, aspetto sulla porta, osservo il comportamento di alcuni alunni che si attardano… Laura chiede di andare ai servizi, Giancarlo si sofferma in piedi tra i banchi, Andrea cancella la lavagna, Giorgia chiacchiera con Piero e poi … si accorgono che sto aspettando e allora si riorganizzano e mi salutano.
Quando affronto un argomento nuovo e coinvolgo Michele, Luciana, Aldo, Maura … per assicurarmi che abbiano compreso e faccio loro ripetere ciò che hanno capito (anche più volte!).
Quando assegno esercitazioni da svolgere e mi assicuro che tutti (proprio tutti) le stiano eseguendo anche con i loro ritmi lenti.
Quando organizzo un lavoro di gruppo e indico in modo accurato le istruzioni per realizzare l’attività attribuendo i vari ruoli.
Quando propongo una verifica scritta e leggo lentamente la consegna prima di sollecitare gli allievi a risolvere gli esercizi.
Quando correggo le prove svolte a casa o in classe e analizzo con gli studenti gli eventuali sbagli invitandoli a ricercare le cause degli errori.
Quando chiedo agli alunni di esporre un’ipotesi, un’idea, un’opinione oppure di rispondere ad un quesito e aspetto che tutti scelgano una delle proposte mediante una votazione attraverso la quale, per alzata di mano, manifestino il loro parere a favore di quella espressa da un compagno o da un altro.
Quando pongo domande per constatare se gli scolari hanno studiato e non mi accontento di una semplice risposta, ma chiedo di motivarmi il loro pensiero.
Quando mi accorgo che Nicola - che fatica a mantenere la concentrazione e non regge cinque ore seduto e fermo nel banco - fa una battuta o si alza con la scusa di gettare qualcosa nel cestino e non lo riprendo sgridandolo (se il comportamento non è maleducato o scorretto), ma aspetto che si ricomponga rivolgendomi a lui con una frase rassicurante.
Quando noto che Sandro si comporta in modo sconveniente e lo sollecito a riflettere sul proprio comportamento instaurando con lui una forma di dialogo che lo spinga a fare dell’autocritica.

Don Bosco, ispirandosi a San Francesco di Sales, ha invitato ad essere pazienti in campo educativo. San Francesco di Assisi, rispondendo a chi lo esortava a minacciare punizioni a coloro che non condividevano le sue scelte, ricordava la grande pazienza di Dio che non condanna e non sanziona, ma soccorre coloro che si trovano in una situazione di disagio e di disorientamento. Don Giussani, in un suo intervento ad una comunità scolastica, ha rammentato che avere pazienza significa rispettare la libertà dell’altro, considerare i suoi tempi!

Tante volte mi sono chiesta se devo cambiare, essere più rigida, essere più inflessibile, essere meno paziente. Silvia, Cesare ed altri che mi hanno “rimproverato” di non essere abbastanza severa ed esigente, dopo qualche anno sono tornati a trovarmi e, nel raccontarmi le loro esperienze successive, mi hanno confessato di aver compreso le motivazioni del mio atteggiamento paziente invitandomi a non cambiare…

Ripeto dentro di me che La pazienza è la virtù dei forti! e decido di continuare ad esercitarla.

¹ I nomi sono di fantasia