Aprile 2012

Domenica scorsa ho visitato, con gli amici di un Centro Culturale, una splendida abbazia: la Sacra di San Michele in val di Susa. Durante la presentazione la guida, un padre rosminiano, ci ha fatto notare la presenza nella chiesa di tre stili architettonici. In particolare ha sottolineato l’integrazione perfetta nella navata tra archi a tutto sesto, espressione tipica dell’arte romanica ed archi a sesto acuto, elementi caratterizzanti l’arte gotica. Sul pullman, durante il viaggio di ritorno, ricordando le parole del religioso che tanto mi hanno colpita, ho ripensato ai momenti formativi che sto vivendo in questo periodo. Il concetto che mi ha catapultato da un tema artistico a quello professionale è quello relativo all'integrazione.
Sto frequentando un paio di corsi di aggiornamento relativi all'integrazione di alunni con disabilità e con D.S.A. (Disturbi Specifici di Apprendimento) pianificati dall’U.S.T. (Ufficio Scolastico Territoriale) e dal C.T.R.H. (Centro Territoriale Risorse Handicap) ai quali fa riferimento il mio istituto. Seguo inoltre la formazione sul uso della L.I.M. (Lavagna Interattiva Multimediale) organizzato dall’A.N.S.A.S. (Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica). Con un po’ di sacrificio cerco di seguire il maggior numero possibile degli incontri previsti nei pomeriggi durante la settimana, compatibilmente con i doveri della funzione docente e con gli altri impegni già presenti nel calendario del piano delle attività della mia scuola; desidero infatti potenziare le mie abilità e le mie competenze nel ambito della didattica integrata o meglio inclusiva. Come insegnante curricolare sto tentando, anche attraverso la lettura di saggi specifici (a fondo pagina, con una nota, ne cito uno tra i tanti)¹, di aggiornare le modalità di insegnamento per favorire l’apprendimento di tutti gli allievi migliorando la qualità dell’integrazione-inclusione scolastica.
Carlo, Maria, Giacomo, Alice²… sono i ragazzi con bisogni educativi speciali che ho incontrato durante il mio percorso professionale. In questi giorni li ricordo sempre più spesso. Chissà cosa stanno facendo ora? La scuola sarà riuscita a fornire loro gli strumenti per inserirsi con successo nella società, per utilizzare in modo competente le loro “abilità diverse”? Ho qualche dubbio! Non credo infatti che tutti loro (alcuni però spero di sì!) siano riusciti davvero a riconoscere le loro potenzialità e a sviluppare le loro capacità in ambito scolastico. Mi auguro che abbiano incontrato adulti in grado di sostenerli nel inserimento effettivo nella vita reale e quotidiana.
Vorrei fissare alcuni spunti di riflessione:
A- ogni persona è unica, ha abilità diverse indipendentemente dalle possibili disabilità (ognuno di noi è pertanto diversamente abile); B- ciascun allievo ha stili cognitivi e modalità di apprendimento differenti;
C- ogni studente ha bisogni educativi speciali, che non vuol dire necessariamente che è in difficoltà, ma semplicemente che necessita di approcci specifici e mirati;
D- in ambito educativo è indispensabile essere molto flessibili e saper utilizzare molteplici e svariate strategie didattiche che richiedono, per essere davvero efficaci, un clima ampiamente collaborativo.
Alla luce di queste brevi considerazioni è importante iniziare a pensare ad un’unica programmazione educativa e didattica al cui interno possano essere previsti percorsi individualizzati e/o personalizzati che permettano di soddisfare le esigenze di qualsiasi allievo nell’ottica della costruzione di un autentico Progetto di Vita individuale. Tra i tanti stimoli ricevuti alcune pratiche inclusive mi sembrano piuttosto significative:
A- considerare gli obiettivi individuati per gli alunni disabili e comprendere come inserirli nella didattica per tutti (in genere viene fatto solo il contrario) stendendo il P.E.I. (Piano Educativo Individualizzato) in modo collegiale (non demandarlo al solo docente di sostegno);
B- impostare, per le diverse tematiche, attività di difficoltà crescente che permettano di diversificare il lavoro tra gli allievi in base alle potenzialità, facendo lavorare il più possibile l’alunno diversamente abile in classe con i compagni senza condurlo fuori dall’aula;
C- favorire l’apprendimento mediato tra pari (cooperative learning; peer tutoring, peer collaboration …);
D- valorizzare l’analisi metacognitiva sulle strategie e sui processi;
E- avvalersi delle tecniche operative, delle nuove tecnologie e della multimedialità in tutte le discipline. E molto altro ancora si può fare…

¹ P.Gaspari, P.Sandri (2010), Inclusione e diversità, FrancoAngeli Editore, Milano.
² I nomi sono di fantasia.