Due figure di Maestri

Alberto Manzi e Mario Lodi: due figure di Maestri (tra loro contemporanei) che mi hanno molto impressionato. Le notizie di cronaca mi hanno spinto ad approfondire il loro pensiero educativo. Alberto Manzi (scomparso nel 1994) è stato recentemente ricordato in una fiction trasmessa della RAI. Mario Lodi è morto il 2 marzo scorso a novantadue anni.

Per me è stata davvero una sorpresa scoprire la proposta pedagogica di Alberto Manzi. Nei suoi scritti compaiono alcuni punti di notevole interesse ed attualità: “...se la scuola è una scuola del "fare, del costruire il proprio sapere attraverso esperienze, lo "studiare" diventa gioia di scoperta e nulla si trasforma in "pesantezza", fastidio, noia. È importante, dunque, che il bambino faccia, costruisca, smonti... ma è altresì importante "parlare" con il bambino, far parlare il bambino. Per spiegarci quel che sta facendo, il bambino è costretto a chiarire a se stesso sia le azioni sia il perché delle azioni, il che significa confrontare esperienze passate, metterle in relazione con le nuove, riesaminare tutto quel che si sapeva o si credeva di sapere su un certo argomento per costruire un nuovo concetto. Questo significa vivere un "problema". Far parlare il bambino, pretendere che il suo linguaggio sia (e diventi) preciso; che le sue osservazioni si approfondiscano sempre più. Noi stessi dobbiamo imparare a discutere con lui, dimenticando, per lui, tutto il nostro sapere e con lui scoprire le cose, i rapporti tra le cose, le relazioni.... Dobbiamo imparare soprattutto ad ascoltare: se non riusciamo a "sentire" quel che dice, se non comprendiamo perché lo dice, non potremo poi aiutarlo ad acquisire nuove esperienze. (...) Impariamo ad intervenire poco, ma chiaramente; impariamo a saper attendere, affinché sia il bambino a "giungere" alla soluzione del problema, e non noi.

Cerchiamo di capire perché "sbaglia". Scopriamo che è un suo modo di vedere le cose, un suo modo di aver intrecciato "conoscenze", "esperienze".... Aiutiamolo a costruirsi nuove esperienze che lo aiutino ad annullare l'errore. Stimoliamolo a provare, a prestare attenzione: l'apprendimento si trasformerà in una sfida, per risolvere ogni problema per quanto difficile esso sia.

Un addestramento
(termine da interpretare, secondo me, come invito ad utilizzare sempre un metodo costruttivo e critico più che come un ammaestramento) fin dai primi anni di vita, aiuta la crescita dell'intelligenza, aiuta ad imparare a pensare. E abbiamo veramente bisogno di gente che pensi!"
Molti altri aspetti, in un certo senso rivoluzionari per l’epoca, sono veramente stimolanti... e molto vicini a quelli di Mario Lodi!

Il professor Frabboni ha indicato dieci Scie d’acqua (ideali educativi) solcate da Mario Lodi: ne riporto alcune:

  • mai più un’istruzione classista e discriminatoria;
  • mai più un’istituzione pubblica che esclude e separa;
  • mai più un pensiero signorsì e coccodè blindato nel banco;
  • mai più l’egemonia delle materie umanistiche sulle materie scientifiche;
  • mai più una scuola prigioniera nelle sezioni o nelle classi, ma una Scuola dei laboratori;
  • mai più una liturgia monodisciplinare dotata di una sola tonalità cognitiva;
  • mai più un allievo ammanettato nel banco in situazione di immobilità, solitudine e silenzio, ma il lavoro di gruppo e il cooperative learning;
  • mai più conoscenze indirette, invisibili, assiomatiche lontane dal mondo quotidiano degli alunni.

In un editoriale di Carlo Ridolfi leggo come Lodi avesse cercato di realizzare operativamente, vivendoli socialmente a scuola, alcuni principi (in cui io credo molto anche oggi, ma ho timore che rimangano un’utopia): le attività motivate dall’interesse invece che dal voto, la collaborazione al posto della competizione, il recupero invece della selezione, l’atteggiamento critico invece della ricezione passiva, la norma che nasce dal basso come esigenza comunitaria invece dell’imposizione della disciplina fondata sul timore”.
In un suo scritto del 2011 Mario Lodi si mostrava preoccupato: “La crisi che stiamo vivendo è una crisi di valori, di senso dell’agire sociale e individuale” e chiedeva di recuperare i valori profondi che possano indirizzare la nostra vita quotidiana, tra cui la solidarietà e la libertà responsabile verso gli altri... Credo che anche Alberto Manzi avrebbe sottoscritto questa esortazione!

Tutti gli insegnanti (e politici) colgano questo appello!