Come valutare gli alunni


Editoriale Didattica online

Autonomia di valutazione e ministero accentratore?
Ovvero valutazione quadrimestrale ‘divisa’ o …’unitaria’?


Anche se la circolare 94 è stata pubblicata nel ottobre dello scorso anno, i primi riflessi, nelle scuole superiori, si palesano in questo inizio d’anno che, grossomodo, coincide con la scadenza del primo quadrimestre.
Ci sembra più proficuo partire, piuttosto che dal testo della circolare stessa, dalla domanda posta dal associazione dei presidi Disal al Ministero, che sottolineava come la circolare fosse lesiva della libertà di valutazione dei docenti, in quanto arrivava ad indicare nel dettaglio se il voto del primo quadrimestre dovesse essere espresso in forma scritta, orale o grafica.

Solo i criteri
Il Miur ha risposto in tempi rapidi, con una lettera a firma del direttore generale per gli ordinamenti e l’autonomia, Carmela Palumbo, in cui si ribadisce che l’intervento del ministero ha voluto colmare una sorta di ‘vuoto’ legislativo – in ambito di valutazione – tra il vecchio ordinamento e il nuovo Riordino, dal momento che non è ancora stato varato un decreto ad hoc.
La risposta (datata 20 dicembre 2011) pone, però, dei paletti normativi che vorremmo evidenziare: infatti, ricordando il DPR 275/99, sottolinea che l’art. 4: «rimette alle scuole specificatamente i soli criteri per la valutazione periodica, e comunque nel rispetto della normativa nazionale e degli “indirizzi generali circa la valutazione generale degli alunni” (art. 8 punto g) del medesimo DPR 275), spettanti al  Ministero. In questo senso – prosegue la lettera di risposta – la richiamata autonomia professionale dei docenti e delle istituzioni scolastiche, in materia di valutazione, è condivisa da questa Direzione e risulta peraltro confermata dalla lettura della C.M. 94, laddove si dice che “(…) potranno individuare e adottare, nella loro autonomia e nel ambito delle prove previste per ciascun insegnamento (scritte, orali, pratiche e grafiche), modalità e forme di verifica che ritengano funzionali al accertamento dei risultati di apprendimento (…)”, ma nei limiti per l’appunto previsti, come sopra ricordato, dalla normativa nazionale e dagli indirizzi generali.»
Come a dire: allo stato l’individuazione delle tipologie di voto (orale, scritto, pratico), alle scuole la libertà di individuare le MODALITÀ, le FORME e i CRITERI di valutazione.

Luci ed ombre
Se da una parte nulla si può eccepire al ministero che – in quanto a normativa – ha tutte le ragioni,
ci chiediamo, piuttosto, se non sarebbe il caso che il Miur facesse proprie molti suggerimenti che provengono dalle scuole.
E se, da una parte, è condivisibile un intervento che venga a sanare una certa deregulation che ha visto nelle scuole una sorta di ‘anarchia valutativa’; ci interroghiamo sulla reale necessità che lo Stato intervenga nella definizione della tipologia di valutazione.

L’unità e la divisione
Innanzitutto, occorre tenere presente che, la ripartizione a cui sono soggette molte materie (l’italiano scritto e orale, la matematica scritta e orale, ecc.), viene di fatto annullata nel secondo quadrimestre (con l’adozione del voto unico).
Soprattutto – a nostro avviso – occorrerebbe chiedersi a che cosa giova il voto tripartito.
La logica della divisione soggiace alla visione frammentaria del sapere: è vero che un ragazzo potrebbe avere migliori risultati nello scritto piuttosto che nel orale o nel pratico. Ma il punto ci pare essere un altro: nella realtà, non esiste ‘lo scritto, l’orale e il pratico’. Nella realtà, gli uomini agiscono – in ogni ambito – utilizzando tutte le componenti espressive, sia che si tratti di lavori intellettuali, sia manuali (non esiste la pratica senza la teoria e viceversa).
Insomma, il voto unico, utilizzato da molte scuole, o ‘diviso’ (come richiesto dal Ministero) segnala che la valutazione degli apprendimenti (perché di questo stiamo parlando) è questione da sempre spinosa, dal momento che mette in campo la domanda: che cosa valutiamo, quando valutiamo?

L’unità delle competenze
Allora, lo scritto, l’orale e il pratico non sono tanto importanti in sé, quanto perché perpetrano una cifra divisoria ancora – troppo – feconda nella scuola.
Mentre, proprio il suo superamento aiuterebbe i docenti italiani a mettersi nell’ottica unitaria. Infatti, quando si dovesse riguardare e valutare uno studente da tutti e tre i punti di vista, non saremmo di fronte ad una valutazione… di competenza?
La persona competente è, infatti, colei che risolve problemi, gestisce progetti e confeziona prodotti mettendoci tutta se stessa: mano, mente e cuore, per dirla con Pestalozzi.

La parte delle scuole
In questo senso, la circolare del Miur, pur comprensibile, sembra allontanare da un alogica unitaria del sapere.
Peraltro, va detto che dare allo studente la possibilità di esprimere le sue competenze, non è problema del Miur, ma degli insegnanti. Che – come giustamente sottolinea il ministero di viale Trastevere – dovranno «utilizzare un campione più vario e ampio di forme di verifica»: come del resto già indicato nelle Linee guida e nelle Indicazioni nazionali.
Non possiamo che auspicare un intervento ministeriale che sempre più lasci spazio a questa libertà di esperire modalità e forme di verifica innovative. E non possiamo che sperare che i docenti le agiscano veramente, senza attendere interventi dal alto…che quando arrivano – solitamente – qualche paletto in più alla creatività e alla libertà lo mettono…