«L'istruzione riparte» solo se si investe sui docenti e sulla loro libertà

Nonostante le dichiarazioni d'intenti contenute nel Def (Documento di economia e finanza), il Decreto sulla scuola (Dl 104/2013 “L’istruzione riparte”), per ora approvato dalla Commissione Cultura Camera, ha fatto cadere ogni ipotesi riguardante una valorizzazione dei docenti. Il Decreto contiene sì, molti provvedimenti degni di interesse e dispensa anche dei fondi, a vantaggio degli edifici scolastici, dell'orientamento, dei buoni scuola… ma per chi – concretamente – tiene in piedi la scuola, cioè i docenti, non c'è una lira e neppure un riconoscimento.
Sia ben chiaro: non chiediamo attenzioni particolari per gli insegnanti, perché soggetti privilegiati, ma perché il cambiamento parte da lì, e ogni altra politica sarebbe miope.

Quale formazione obbligatoria
In particolare il Def, rispetto alla valorizzazione dei docenti, sostiene che potrà avvenire attraverso tre passaggi fondamentali: una nuova formazione iniziale, una nuova forma di reclutamento capace di «assicurare una selezione di alto profilo» (ma quale?), ed infine, una rinnovata modalità di sviluppo della carriera «con l’avvio di un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato ad una progressione di carriera, svincolata dalla mera anzianità di servizio».
È ciò che la gran parte degli insegnanti vorrebbe
Sia ben chiaro: quando affermiamo che il decreto introduce un elemento di novità con l'ipotesi della formazione 'obbligatoria', pensiamo non certo ad una formazione erogata dall'alto a pioggia, dal centro alle scuole. Esattamente il contrario: proprio nell'ottica della sussidiarietà enunciata nel novellato Titolo V della Costituzione, immaginiamo un sistema in cui l'obbligo stia solo nella frequenza, non già nell'Ente erogatore: ogni docente deve essere libero di accedere all'università, all'ente o a qualsiasi altra agenzia formativa da lui prescelta, purché riconosciuta.

Quale carriera per merito
La formazione obbligatoria potrebbe diventare uno degli elementi della progressione di carriera, desiderata da un numero sempre crescente di insegnanti. Sono molti i docenti che vorrebbero vedere riconosciuto il loro impegno attraverso una progressione di carriera; e che – quindi – non temono neppure una forma di valutazione esterna delle loro competenze. Si tratta – certamente – di capire 'quale' forma: ma che ormai la scuola italiana – e i docenti – siano professionalmente disponibili ad una valutazione esterna, è dimostrato, ad esempio, dalla grande risonanza che ha avuto il progetto di valutazione esterno delle scuole denominato Vales, che partirà in tempi brevissimi, prefigurazione del Sistema nazionale di valutazione. Basti pensare che moltissime scuole avevano aderito al bando per essere sottoposte alle visite dei team di valutazione, ma solo 300 sono state prescelte.

Valutazione delle scuole e autonomia dei docenti

Il tema della valutazione è particolarmente caldo, anche perché il Dm 80/2013 – che ha disegnato il profilo dell'SNV– renderà obbligatoria, probabilmente dal prossimo anno, la stesura del Rapporto di autovalutazione, che ogni scuola dovrà compilare, e l'attivazione delle visite ispettive dei Nuclei di valutazione nelle istituzioni scolastiche in sofferenza.
Anche in questo caso – e il Dm 80 è chiaro – le scuole, sulla scorta delle indicazioni emerse dai Nuclei, potranno scegliere di stendere le piste di miglioramento «anche con il supporto dell'Indire o attraverso la collaborazione con università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali.» (Art 6, comma1).
Insomma, ancora una volta, quello che c'è di mezzo è la libertà di scelta delle istituzioni e dei singoli docenti: su questi occorre sempre puntare.
Per questo ci dispiace – ed anche ci preoccupa – che il Ministro non abbia ancora del tutto recepito che, per migliorare la scuola, prima che sulle mura esterne, bisogna puntare su chi le sostiene e le rende vive dall'interno.