Risultati degli studenti e formazione degli insegnanti: quale rapporto?

Alcuni fatti dell'appena passato dicembre, sembrano aprire prospettive sul nuovo 2014.

La costituente per la scuola
Innanzitutto segnaliamo l'intervento del Presidente del Consiglio, che ha parlato anche di istruzione e ricerca come priorità del suo governo, con la composizione di una « Costituente per la scuola da concludere entro giugno», e la promessa di «opportunità di formazione adeguate e regole di reclutamento e carriera stabili, basate su trasparenza e merito».

La formazione degli insegnanti
A proposito di formazione, a dicembre è stato emanato il DM n. 821 per la ripartizione dei fondi ex legge n. 440/97, che era nata per sostenere l'autonomia delle scuole. Da allora, però, i fondi sono sempre più diminuiti: quest'anno sembrerebbe di assistere ad un'inversione di tendenza, passando da un investimento di 113 milioni a oltre 123 milioni di euro.
Però…c'è un però: infatti la cifra dei fondi assegnati alle scuole scende. Erano mediamente 3.500 euro a istituzione scolastica lo scorso anno, ora non arrivano a 2.500. Questo significa che le scuole possono sempre meno progettare e scegliere una propria formazione, per rispondere alle proprie specifiche esigenze.

Dove sono finiti i fond?i
Più di 9,2 mln di euro sono stati destinati alle iniziative nazionali di formazione in servizio: quasi due milioni e mezzo sono destinati alla formazione per l’avvio della metodologia CLIL nella scuola superiore; una cifra analoga per la formazione specialistica nella lingua inglese nella primaria. Altri fondi sono destinati alla formazione individuata nel cosiddetto decreto “l’istruzione riparte”.
Aumentano i fondi per il Piano Nazionale Scuola Digitale, mentre diminuiscono i finanziamenti destinati all’alternanza scuola–lavoro e ai corsi di recupero.

E la libertà dei docenti?
Tutto questo piano di finanziamento quindi, pur destinando maggiori risorse alla scuola, le investe secondo criteri decisi tutti dall'alto: altro che fondo per l'autonomia delle scuole! È vero che le scuole (meglio le reti) possono candidarsi come soggetti, ma quello di cui le istituzioni scolastiche soffrono è proprio di un rattrappimento della loro libertà. Perché mai gli insegnanti non possono progettare corsi che rispondano alle loro specifiche esigenze? Perché – soprattutto – i docenti non dovrebbero scegliere formatori che loro stimano? Infatti, i docenti hanno tutti i diritti di sentire diverse ipotesi di lettura dei problemi. Pensiamo, ad esempio, come le questioni del Clil, dei Bes e della loro valutazione, o della Lim potrebbero essere affrontate in modi diversi (eppure tutti rispettosi della normativa) a partire da presupposti diversi. Nelle diverse Botteghe presenti nella Convention di Bologna dello scorso ottobre, è stato possibile sentire testimonianze differenti e rendersi conto di quanti approcci siano possibili.
È questa pluralità metodologica che va salvaguardata, in nome di quella libertà di insegnamento che non è mera bandiera ideologica, ma salvaguardia di un pluralismo che è il cuore di ogni democrazia, anche di quella scolastica.

Dal metodo, agli esiti
Non si tratta di una battaglia ideologica, ma della difesa di un metodo che è il cuore pulsante della scuola, e il perno di un possibile rinnovamento, di cui l'istruzione italiana ha grande bisogno. Ce lo testimoniano con evidenza impressionante i recenti risultati delle indagini internazionali Ocse-Pisa relativi alle competenze dei quindicenni in matematica, scienze e lettura presentati il 3 dicembre 2012. I dati parlano chiaro: i risultati sono ancora inferiori alla media OCSE dei 65 Paesi che hanno partecipato: 485 punti in matematica, contro una media pari a 494; meglio in scienze, con 496 punti contro 501 di media, e in lettura, nella quale i nostri ragazzi si collocano a 490 punti, solo 6 in meno della media.
Non è qui il caso di fare una disamina approfondita dei risultati, anche se alcune evidenze rappresentano materia di riflessione per i docenti. Ad esempio, i ragazzi sono più bravi in matematica, mentre le ragazze in italiano; il punteggio degli alunni stranieri è inferiore a quello dei loro coetanei europei; i nostri quindicenni sono più bravi nell’interpretare, applicare e valutare risultati matematici, piuttosto che nel «formulare situazioni in modo matematico».
Tutti gli esempi riportati, apparentemente diversi tra di loro, hanno invece un elemento comune: afferiscono tutti alla didattica: ma come trovare soluzioni? Non ci sono istruzioni per l'uso, evidentemente, e non ne vogliamo dare in questa sede. Semmai qui vorremo proporre un'ipotesi di risposta, anche rispetto al problema dei risultati dei questionari Invalsi: innanzitutto sottolineando che non si risponde allenando gli studenti con esercizi specifici in italiano o in matematica. I questionari Invalsi, così come quelli Ocse-Pisa, non possono riguardare solo gli insegnamenti specifici, perché rilevano competenze (trasversali) e non contenuti (disciplinari). Per questo la soluzione potrebbe consistere in una riflessione comune sugli esiti di tutti i docenti nei diversi Consigli di Classe. Questa ci sembra la proposta alternativa, rispetto al lavoro nei dipartimenti di materia. Il lavoro da fare sulle prove e sui loro risultati è senza dubbio impegnativo, però se fatto insieme, sarà meno gravoso: sarà possibile ipotizzare delle linee di intervento comuni a tutto il Consiglio, così da poter agire sulle competenze (trasversali) carenti e comuni a tutti gli insegnanti.
Esempi in questa direzione incominciano a vedersi in Italia. Che i nostri studenti presentino carenze è un dato di realtà: che sia necessario trovare nuove piste lo hanno già capito molti docenti: farlo insieme toglie l'ansia da "prestazione docente", perché il punto non è riuscire bene nei prossimi questionari, ma fornire ai nostri studenti le competenze di base. Questo ci interessa: le diverse indagini nazionali ed internazionali potrebbero darci una mano. Perché non far diventare questa circostanza – apparentemente negativa – un'occasione per un lavoro nuovo e creativamente innovativo, capace di stimolare la professionalità degli insegnanti? È un'opportunità da non perdere, per noi e per i nostri studenti.