A scuola …per ragionare

È da poco uscito il quinto volume di Ocse–Pisa 2012, che riporta i dati sulle rilevazioni delle competenze di problem solving. Si intende, con questa dicitura, far riferimento ad una competenza complessa che, sostanzialmente, è attinente a quattro tipologie di processi che riguardano la comprensione dei dati di un problema, la capacità del soggetto di formulare ipotesi per risolvere il problema, la capacità di mettere in atto un percorso di soluzione ed infine, la riflessione per verificare se il percorso ha raggiunto gli obiettivi prefissati. Come si vede, è un insieme di operazioni, che in parte viene ricompreso nei problemi di matematica.

Perché sono dati interessanti
Apparentemente questi risultati possono sembrare c'entrare poco con la scuola – o con l'immagine di scuola che abbiamo –: ovvero la scuola delle materie, dei programmi, dei contenuti. C'entrano invece moltissimo con la scuola delle competenze, che non significa affatto l'istruzione di serie B!
La questione è che queste competenze non sono interessanti solo per il mondo del lavoro (è indubbio infatti che una persona dotata di ipotesi di affronto della realtà è avvantaggiata nel contesto lavorativo), ma sono alla base anche dell'apprendimento scolastico. Se appena superiamo la barriera dei 'programmi', ci accorgiamo che la capacità di portare idee personali, di giudicare la realtà con ipotesi originali, di prospettare strade per affrontare le situazioni sono competenze (ma se non piace il termine possiamo parlare semplicemente di attitudini) indispensabili non solo nella vita, ma anche nell'apprendimento scolastico: è quello che infatti a scuola chiamiamo capacità di osservare, ragionare e argomentare.
E se è vero che tutto ciò si sviluppa all'interno dei dettati disciplinari, è altrettanto vero che – troppo spesso – la materia è ridotta ad allenamento di ripetizioni pappagallesche, anziché essere palestra di un pensiero libero e creativo, tanto importante anche per imparare a scuola.

Prove Invalsi e capacità argomentativa
Non è infatti un caso che le domande in cui i nostri ragazzi riescono peggio nei questionari Invalsi, sia di matematica sia di italiano, siano quelle in cui sono chiamati a fare induzioni, ragionamenti, argomentazioni. E non sono sporadiche le lamentazioni dei docenti sulla scarsa flessibilità e duttilità mentale dei nostri ragazzi.
Il punto è che, se continueremo con la scuola della ripetizione mnemonica, del ragionamento convergente, della applicazione di formule meccaniche – certo da non demonizzare – a scapito di qualsiasi altro momento in cui i ragazzi sono chiamati in prima persona ad esprimersi con responsabilità ed autonomia, difficilmente riusciremo a giungere ad esiti migliori.

L'Italia e gli ottimi esiti Ocse Pisa nel problem solving
Ora, l'aspetto più interessante è che, se da una parte – come purtroppo tutti sappiamo – l'Italia raggiunge risultati allarmanti nelle discipline oggetto di indagine, a sorpresa, per quanto riguarda il questionario sul problem solving, si è posizionata ad un livello inaspettatamente elevato, al di sopra della media Ocse al 15° posto, davanti a Germania e Stati Uniti. Inoltre alta, in Italia, è la differenza di genere, con prestazioni dei maschi significativamente superiori (18 punti) rispetto a quello delle femmine: nei test Invalsi gli esiti sono l'opposto.
Che cosa significa tutto questo? Superficialmente si potrebbe dire che i nostri studenti 'non studiano', conoscono l'arte dell'arrangiarsi e quindi non stupiscono questi dati.
La verità è – forse – l'opposto: ovvero che i nostri alunni possiedono delle capacità che sono un tesoro prezioso, che la scuola italiana purtroppo – così com'è ancora impostata – non riesce ancora
a sfruttare appieno, per far apprendere meglio e di più le discipline, non solo per inserire agevolmente nel mondo del lavoro!
Insomma, ci sono delle doti nascoste, che persino l'Ocse Pisa indaga seriamente, e che sono alla base di un sacco di processi apprenditivi: si tratta di scovare nuovi metodi per valorizzarle nei nostri studenti. D'altra parte la personalizzazione è proprio questo: partire dagli studenti, sfruttare le loro potenzialità, e attraverso queste, introdurli anche ai saperi più ardui.

Un mezzo per eliminare le differenze socio culturali
L'indagine fa inoltre emergere anche che, rispetto a questa competenza, incidono molto poco le condizioni socio culturali: questo significa che i nostri studenti possiedono tale capacità indipendentemente dalla famiglia di origine. È perciò uno strumento importante su cui far leva per far diventare la scuola un vero ascensore sociale, per permettere anche ai più disagiati di apprendere meglio e di più.
Sorprende anche un altro dato: se è vero che il Nord Ovest è sempre superiore, e che lo sono anche i lici rispetto ai tecnici e professionali; l'indagine rileva, però, che gli scarti siano sensibilmente inferiori rispetto a quelli per le competenze di matematica e di lettura. Ciò potrebbe significare che la competenza di problem solving (cioè in fondo la capacità di ragionare, di argomentare, ecc.) è solo leggermente più presente nei licei: è quindi una dote abbondante negli altri ordini di scuola e sfata il mito dei licei. D'altra parte, da molte parti ormai si fa notare come proprio i ragazzi dei licei – in primis il classico – siano preparatissimi, ma di quella cultura della 'ripetizione' fedele ma anche un po' pedissequa, che non è indice di quella creatività e libertà che sono dote distintiva di ogni persona veramente matura.
A questo dovremmo tendere nel nostro fare scuola: perché non possiamo dimenticare che si non si può istruire, senza educare!
Intanto, però, è di questi giorni la notizia che le iscrizioni ai licei aumentano e quelle all'istruzione tecnica e professionale sono in leggera flessione: il mito del liceo – ovvero che il vero sapere è solo quello teorico – è ancora, purtroppo, inossidabile.