N.7 - Anonymous non merita. E altri con lui

2013_2014_07-anonymous-non-merita.-e-altri-con-lui.pdf69 KB

Il DL 104 “L’istruzione riparte” è stato esaminato dalla VII Commissione della Camera, ma di formazione “obbligatoria” dei docenti e di carriera per merito non si è discusso. Perché?

Il DL 104 “L’istruzione riparte” è stato esaminato dalla VII Commissione della Camera.

Materia dell’articolo 16 del decreto è la formazione dei docenti, per la quale si autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2014, da utilizzare per iniziative di formazione obbligatoria rivolte, in particolare, al personale scolastico delle regioni in cui gli esiti delle prove INVALSI siano risultati inferiori alla media nazionale e delle aree ad alto rischio socio-educativo.

Non pare che questo nodo fondamentale che riguarda l’identità dell’insegnante abbia suscitato particolari analisi, anzi, calma piatta. Eppure dalla formazione obbligatoria passa il nodo della professionalità docente. Una professione la cui progressione di carriera non sia legata alla sola anzianità di servizio ma anche alla cura dei compiti professionali, a certe condizioni, può anche prevedere l’obbligo di formarsi e aggiornarsi. Si parla tanto nei convegni dell’insegnante come di un “professionista riflessivo”, ma poi, nei fatti, si continua a considerarlo un “impiegato”, neppure in grado di scegliere dove, come e quando curare il proprio percorso di maturazione professionale. Certo, ci sono i vincoli contrattuali (ma i contratti si potranno pur rivedere una buona volta!), però possiamo anche decidere in che modo muoverci dentro i vincoli ancora esistenti.

In Commissione è stato fatto notare che il contratto nazionale relativo al personale del comparto scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007, sottoscritto in data 29 novembre 2007, tuttora in vigore, ha individuato (art. 4, comma 2) la formazione come materia di contrattazione integrativa nazionale, stabilendo altresì che, con cadenza annuale, siano fissati obiettivi, finalità e criteri di ripartizione delle risorse finanziarie per la formazione del personale. In particolare, il vigente contratto nazionale integrativo stabilisce che: la programmazione e la concreta gestione dell’attività di formazione avvengono a livello regionale e di singola istituzione scolastica autonoma, lasciando all’Amministrazione centrale, oltre ai compiti di indirizzo, coordinamento e monitoraggio, la competenza in materia di promozione, individuazione e diffusione di modelli innovativi di formazione ed aggiornamento connessi ai processi di innovazione di sistema (art. 1).

Come dunque dovrebbe essere intesa, a nostro avviso, la formazione, “obbligatoria”? Assolutamente libera quanto a individuazione, da parte del docente, delle fonti di aggiornamento e altrettanto riconosciuta dal punto di vista normativo, tramite un sistema di crediti che possano essere spesi nell’ambito della professione.

Abbiamo in proposito valutato positivamente il Documento di economia e finanza 2013, là dove marca lo stesso concetto: un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato ad una progressione di carriera, svincolata dalla mera anzianità di servizio.

Purtroppo i segnali che provengono dalla discussione sulla legge di stabilità 2014 non sono per nulla incoraggianti, dato che non v’è alcun riferimento ad un qualche sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato a una progressione di carriera svincolata dalla mera anzianità di servizio.

Troviamo invece il blocco del contratto e degli scatti di anzianità. Inoltre, la soppressione, se così si tratta, del preannunciato riferimento, nella stessa legge, alla “carriera per merito”, non ci lascia tranquilli per due ragioni.

La prima è la “paura di Anonymus”, cioè di una presunta rivolta sociale dei precari della scuola, magari egemonizzata da parte dei sindacati contro il merito.

La seconda è il sospetto che per “formazione obbligatoria” il MIUR intenda solo il prolungamento dell’orario di lavoro dei docenti, cui eventualmente far corrispondere, a quelli che l’accetteranno, un riconoscimento stipendiale.

In questo caso, però, saremmo ancora del tutto fuori dai parametri di un riconoscimento di una progressione per merito, non dovuta alla sola anzianità.

Eppure proprio in tempi di vacche magre, anziché raschiare il barile, converrebbe a tutti riconoscere la qualità di chi nella scuola garantisce la “tenuta” del sistema, senza magari pretendere nient’altro che di essere considerato un educatore che fa sul serio. E non solo un fattore anonimo di aggregazione sociale.