N.2 - Una sfida alla libertà

La Convention Scuola 2014 di Diesse ha come titolo: “Vivere nella scuola: una sfida alla libertà”. Vivere nella scuola rappresenta sempre una sfida che implica la libertà di chi vive in questo ambiente. Non solo la libertà dalle mille disattenzioni che impediscono di mettere a fuoco il cuore della attività che vi si svolge, ma soprattutto la libertà che permette di costruire un luogo che risponda ai bisogni della persona.

Il passaggio da una libertà “da” ad una libertà “per” è stato di recente sottolineato da Papa Francesco nel suo incontro con la scuola italiana del 10 maggio ’14. Egli ha detto di amare la scuola anzitutto come luogo di incontro e di apertura alla realtà.
Per amare la scuola e per non subirla occorre prima di tutto avere ben presente il proprio bisogno umano, che non è solo quello di trovare i mezzi per sopravvivere, bensì quello di partecipare al senso per cui le cose esistono e continuano a essere fatte.
Per essere costruttori di umanità e non solo consumatori occorre un gesto di decisione che implica tutta la propria libertà. Nella scuola si può essere facilmente dei consumatori: gli alunni consumano una quantità di tempo che corrisponde ad una porzione importante della loro vita; gli insegnanti consumano energie intellettuali e fisiche; i genitori consumano ansie che talvolta si traducono in pretese. Ma è come se fosse sempre sottaciuto lo scopo della scuola; un luogo anzitutto che aiuta ad incontrare la realtà nella sua dimensione più profonda, cioè un ambiente nel significato più pieno di questo termine: spazio che è condizione ed è arricchito dalla presenza consapevole di chi lo abita.

La missione della scuola – ha ancora ricordato Papa Francesco – è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello. Il vero, il bene e il bello, ci permettiamo di annotare noi, sono il vertice della conoscenza. Conoscere è un esercizio che implica tutta le persona, che se è accolta dentro una esperienza di bene, entra dentro lo spazio del mondo piena di uno sguardo che attraversa la superficie delle cose per coglierne gli aspetti più profondi, ossia il loro fondamento.
La scuola è il luogo in cui con pazienza un soggetto adulto comincia ad introdurre gli alunni più giovani nel percorso della conoscenza della realtà. Nella scuola la totalità dell’essere assume anche fisicamente un ordine, una certa disposizione, una certa successione e visibilità. La scuola non è solo un grande contenitore in cui si trascorre del tempo per socializzare e procurarsi una qualche istruzione. Può essere un ambito in cui si forma la soggettività delle persone, il loro gusto, la loro attitudine, la loro competenza (per usare una parola alla moda).

Questo però non accade se non c’è comunicazione di senso nell’insegnamento e dunque ricezione di senso nell’apprendimento. Un soggetto adulto comunica il proprio modo di rapportarsi alla realtà anzitutto se è libero di appartenere ad una cultura, cioè ad una sorgente di comprensione della vita e del mondo.
La scuola può cambiare se mette al centro il tema della conoscenza e il tema della libertà di costruire dentro le condizioni inevitabili poste dalle contingenze.

Il tempo che viviamo, anche in conseguenza del documento del governo sulla “buona scuola” e delle indagini internazionali sui rendimenti dei nostri istituti, rende urgente affrontare la questione del compito della scuola e non solo del suo adeguamento a determinati standard fissati dall’alto.
È questa la sfida che la Convention 2014 intende cogliere, sia con il convengo della mattina, sia con la rinnovata esperienza de “Le Botteghe dell’insegnare” e la sessione assembleare. Un appuntamento, quello del 18 ottobre, che è una occasione per tutti coloro a cui sta a cuore il destino della scuola, un’importante parte di un tutto.