N.15 - 10 anni di prove Invalsi – la valutazione di Diesse

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Si sono appena celebrati - in un Seminario nazionale a Roma il 4-5 dicembre - i 10 anni delle prove Invalsi, che rappresentano lo strumento principe per la valutazione "esterna" degli apprendimenti. Diesse è intervenuta con le proprie valutazioni.

A nostro parere molto significativi sono stati i miglioramenti tecnici messi in atto via via negli anni. Innanzitutto l'accessibilità del sito: e se è vero che sono ancora molti gli insegnanti (e i collegi) che neppure leggono i risultati, è anche vero che il numero di chi li sfoglia aumenta, anche grazie alla introduzione dei grafici, oppure alla comparazione con le 200 scuole più vicine per indice socio-economico.

D’altro canto, volendo fare una lettura costruttivamente "critica", non possono essere taciuti alcuni elementi problematici.

1. Innanzitutto è necessario sostenere una adeguata e costruttiva interpretazione dei dati, favorendo tra i docenti e i dirigenti la diffusione di una cultura della corresponsabilità.
10 anni di prove Invalsi hanno messo a disposizione delle scuole una valanga di dati che vanno correttamente interpretati per non cadere in interpretazioni scorrette, che potrebbero portate più svantaggi che benefici. Per questo, oltre che dare fondi alle scuole per remunerare i docenti per l'immissione dei dati, occorre investire per un accompagnamento dei collegi nella lettura dei dati, e nella formazione dei responsabili della valutazione.

2. Non si può poi tacere che vi sono stati degli effetti collaterali indesiderati: in particolare il pullulare di testi scolastici che hanno ridotto la letteratura all'analisi del testo secondo il quadro di riferimento delle prove standardizzate, o una certa tendenza all'addestramento attraverso prove “simil-invalsi” di cattiva qualità e quindi del tutto fuorvianti.

3. Fondamentale inoltre ci sembra lavorare concretamente per il coinvolgimento dei docenti di tutte le discipline. Raramente le scuole considerano i test Invalsi come uno strumento di miglioramento nella didattica, per un lavoro sinergico tra i docenti, ad esempio nel consiglio di classe (e quindi per competenze trasversali), senza relegarlo ad un problema di italiano e matematica. Occorre uscire dalla logica delle discipline, per abbracciare quella delle competenze. Perché le prove sono per tutta la scuola. Cosicché sarà essenziale non stabilire la scuola migliore o la classe migliore, ma che in ogni classe si lavori per migliorare insieme gli apprendimenti, a partire dalle competenze comuni a tutti. Se in una risposta di matematica - come è stato suggerito nel Seminario - la maggior parte dei bambini risponde che la diagonale del quadrato è uguale al lato, non è solo questione di come insegnare la matematica, ma di educare gli studenti a riflettere, ragionare, argomentare: e questo è compito di tutte le discipline. Per questo sarà fondante il sostegno a esperienze di interpretazione dialogata dei dati, attraverso le quali emergano punti di lavoro per i docenti di tutte le aree disciplinari.

4. In ogni caso, ci sembra che il rischio più pernicioso nell'interpretazione errata dei dati potrebbe essere quello di pensare che i risultati siano una valutazione del docente e dei ragazzi: il valore di un'azione educativa non si può esaurire negli esiti apprenditivi, che pur ne sono un indice di fondamentale rilevanza. Il rapporto educativo sfugge ad ogni misurazione e la crescita di uno studente deborda dalla quantità di conoscenze acquisite. La passione di un insegnante e il grado di coinvolgimento di uno studente non si possono misurare.

Siamo convinti che il Servizio Nazionale di Valutazione parta proprio da questo assunto, tanto che punta alla valorizzazione del vissuto di ogni scuola attraverso una gran numero di indicatori, in cui gli esiti Invalsi sono solo uno dei fattori di valutazione; d’altra parte il SNV non può che fare riferimento a dati oggettivi e misurabili come benchmark o punti di confronto per tutte le scuole. Ma non può sfuggire il pericolo di ridurre, in qualche modo, senza intenzionalità, la funzione della scuola alla sola crescita degli apprendimenti. Perciò ci sembra fondamentale prevedere un aiuto nella stesura dei rapporti di autovalutazione e dei piani di miglioramento per far crescere una cultura della corresponsabilità, della sinergia e della finalizzazione dell’azione di docenti alla crescita personale, e alla fioritura dello studente. Non possiamo che augurarci che, su questi temi, i corpi centrali dello Stato facciano propri i suggerimenti che provengono dal basso, dai corpi intermedi, per costruire una scuola sussidiaria, cioè più rispondente alle reali esigenze di chi la abita e la costruisce con passione ogni giorno.