N.7 - Un luogo di compagnia reale

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Non capita tutti i giorni che oltre quattromila insegnanti – ma anche altre persone coinvolte nell’attività scolastica – si mettano per strada una domenica mattina per andare a Bologna – dove l’evento si è svolto – o nelle proprie città – dove è stato trasmesso, in oltre quaranta sedi in Italia e cinque all’estero – a sentir parlare del loro lavoro.

Non capita tutti i giorni specialmente in un mondo della scuola segnato da mille difficoltà, dalla fragilità dei ragazzi al crollo del prestigio sociale dei docenti, dall’invasività di tanti genitori alle contraddizioni della politica; tanto che l’allora cardinal Bergoglio segnalava già tempo fa, in un discorso ora ripubblicato ne La bellezza educherà il mondo, come «in questo contesto […] ogni educatore è tentato di disperare».

I quattromila invece si sono messi per strada. Mossi da che cosa? Dal proprio cuore, si potrebbe forse dire sinteticamente: dal desiderio di continuare a sperare, di continuare a vivere il proprio lavoro con significato, con soddisfazione, con dignità. E sono andati a chiedere una mano a un grande educatore, a don Julián Carrón, l’erede del carisma educativo di don Luigi Giussani; a porre a lui - per bocca di Tino Giardina, il presidente di Diesse, che insieme a CdO Opere Educative, Disal e l’associazione Il rischio educativo e con l’adesione di svariate altre associazioni del mondo della scuola (e già il fatto che tante sigle si siano messe insieme per questo appare come un evento straordinario) ha organizzato l’incontro - quelle domande che ogni giorno attraversano la testa e il cuore di chi entra in aula: in questo periodo storico durante il quale tutto sembra incerto e provvisorio come vede la situazione del mondo giovanile oggi? Quale è secondo lei l’autentico compito della scuola, la sua natura e il suo scopo? E come aiutare a recuperarlo? Che rapporto si stabilisce tra l’insegnamento della disciplina e la realtà? E così via.
«Bisogna innanzitutto identificare bene i termini del problema – ha esordito don Carrón – altrimenti rischiamo di sbagliare tutto. Oggi sembra che in classe non abbiamo più di fronte un “io”, e per questo rischiamo di rinunciare di stare da uomo di fronte ad altri uomini. Ma la coscienza umana non si mette in moto se non davanti a una provocazione. Allora l’unica speranza per un ragazzo è che qualcuno lo guardi senza ridurlo ai suoi limiti. L’unica speranza è un insegnante che nel trasmettere la ricchezza del passato – è questo il compito della scuola – trasmetta insieme l’esperienza che vive, l’esperienza di un uomo intero; un insegnante che attraverso le sue materie trasmetta ai giovani anche il metodo per giudicare quel che si dice loro, rimettendo in moto le loro domande fondamentali».

Ovviamente non abbiamo la pretesa di ridurre in queste poche righe la ricchezza del contributo di don Carrón: il video dell’incontro è già disponibile sul sito www.insegnareoggi.org e il suo contenuto sarà oggetto di lavoro e di riflessione durante tutto questo anno scolastico.

Da parte nostra, non potremo che cercare di essere fedeli alle parole con cui ha concluso il discorso: «Le associazioni professionali non siano solo strumenti di rappresentanza ma luoghi di compagnia reale fra gli insegnanti».
Buon lavoro a tutti.