N.9 - Alternanza scuola-lavoro: una questione culturale, non solo didattica

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L’alternanza scuola-lavoro (ASL), che la legge n. 107/2015 ha reso ordinamentale anche nei licei e, quindi, obbligatoria da quest’anno per tutti gli studenti delle superiori a partire dalle terze classi, è già al primo intoppo: la scadenza imposta alle scuole per la presentazione dei progetti (prorogata al 30 ottobre) è troppo ravvicinata; e senza progetti, niente finanziamenti.
L’emergenza burocratico-amministrativa può essere superata, magari concedendo una proroga sostanziale come quella disposta per il POF triennale, e la corposa “Guida operativa” del MIUR è un valido aiuto alla progettazione. Ben più profonda e pericolosa è invece la resistenza nei confronti dell’alternanza che alberga in modo diffuso nelle scuole. Si tratta di una questione culturale, e come tale non è affrontabile solo affinando le risorse organizzative.

Fino all’approvazione della legge n. 107/2015 della “Buona Scuola” l’alternanza scuola-lavoro ha rappresentato un aspetto piuttosto secondario dell’ordinamento scolastico nazionale, spesso anche avversato perfino laddove, come nell’istruzione professionale, è da tempo parte integrante del percorso ordinamentale.
Avviata sperimentalmente in alcune zone del Paese tra gli anni ’70 e gli anni ’80 come evoluzione delle esperienze di stage e tirocini, l’ASL ha trovato definizione normativa nella legge n. 53/2003, che all’art. 4 l’ha introdotta nell’ordinamento della secondaria di II grado come metodologia didattica per la realizzazione dei percorsi formativi; col successivo dlgs n. 77/2005 sono state disciplinate le modalità di realizzazione.

La riforma del II ciclo di istruzione con il DPR n. 87/2010 ha sancito per gli istituti Professionali l’obbligo dello svolgimento di 132 ore di ASL nelle quarte e quinte classi, in sostituzione della precedente “area di professionalizzazione” (c.d. “terza area”). Negli istituti Tecnici e nei Licei riformati, invece, i percorsi in ASL sono stati solo raccomandati rispettivamente come «strumenti didattici fondamentali per far conseguire agli studenti i risultati di apprendimento attesi e attivare un proficuo collegamento con il mondo del lavoro e delle professioni» (DPR m. 88/2010) e come «modalità per l'approfondimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze richieste per l'accesso ai relativi corsi di studio e per l'inserimento nel mondo del lavoro» (DPR n. 89/2010).

Con la legge n. 107/2015 (vedi Scheda) l’alternanza scuola-lavoro è diventata obbligatoria per tutti i percorsi della secondaria di II grado e coinvolge tutti i ragazzi dalle terze classi (a partire già da quest’anno) fino alle quinte. Le ore complessive nel triennio diventano 400 nei Professionali e nei Tecnici (12% del curricolo) e 200 nei Licei (circa il 7% del curricolo); possono essere svolte in parte anche nei periodi di sospensione delle lezioni e pure all’estero. L’aver reso obbligatori i percorsi in ASL dovrebbe contribuire sia ad abbassare l’età di ingresso nel mondo del lavoro, sia ad orientare meglio le scelte universitarie, riducendo fallimenti e abbandoni.
I settori lavorativi di inserimento per l’ASL vengono considerevolmente ampliati, mentre il finanziamento annuale, in calo vertiginoso negli ultimi anni fino al minimo storico di 11 mln dello scorso anno scolastico, dal 2016 diventa stabile e pari a 100 mln di euro; circa 35mila euro a scuola, secondo stime del MIUR.
Vengono introdotti due nuovi dispositivi di regolamentazione: la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in ASL e il Registro nazionale delle imprese disponibili ad accogliere studenti in percorsi di alternanza.
Le scuole dovranno introdurre i percorsi di ASL nei Piani triennali dell’offerta formativa e dovranno informare famiglie e studenti delle terze classi che già da quest’anno per loro scatta l’obbligo di parteciparvi.
Il percorso in ASL entrerà a far parte del curriculum scolastico degli studenti (compreso il sistema dei crediti) e sarà valutato dalla Commissione dell’esame di Stato all’interno del colloquio finale.

La formazione “on the job” diventa parte integrante del percorso formativo degli studenti; d’ora in poi, l'alternanza scuola-lavoro non rappresenterà semplicemente una fra le tante opzioni didattiche o uno dei tanti “accidenti” che capitano nella scuola, ma un elemento strutturale dell’istruzione secondaria di II grado sul quale intervenire collegialmente e con l’apporto di tutte le discipline. Ciò implica che la questione venga posta sul piano culturale, ovvero si capisca finalmente «che la scuola, così come l’abbiamo conosciuta e praticata, non è adeguata alle esigenze di tanti, troppi ragazzi» e nel contempo si abbia l’umiltà di riconoscere «al lavoro la dignità di metodo di conoscenza e quindi di veicolo di apprendimenti» (M. Monti, “Alternanza, il lavoro entra in classe e cambia tutto” – ilsussidiario.net). Se nell’immediato questo passaggio legislativo richiede alle scuole l’acquisizione di determinate conoscenze e lo sviluppo di capacità progettuali/organizzative, pone però anche domande significative sia sulle finalità educative non strettamente disciplinari della scuola, sia sugli aspetti più qualificanti della formazione.
L'incontro tra i percorsi scolastici e le esigenze del mondo produttivo costituisce un punto delicato, di grande rilevanza non solo per la scuola (nella quale in realtà la cultura del lavoro non è mai entrata), ma anche per il mondo aziendale e del lavoro in genere. Perché i percorsi in ASL abbiano reale efficacia occorre che si instauri una stretta collaborazione tra scuola e impresa, sia nella fase di progettazione che durante l’attuazione e la valutazione dei percorsi. Incontrare le aziende, condividere con loro la progettazione e la gestione di parti significative e importanti del percorso formativo come l'ASL, riconfigurare i percorsi in modo che il profilo d'uscita sia più riconoscibile dal mondo del lavoro, creare all'interno dei curricoli scolastici momenti laboratoriali specifici e, soprattutto, iniziare a concepire il lavoro come una dimensione educativa capace di rimotivare e orientare gli allievi significa, per un collegio docenti, per un istituto, per una rete di scuole, per singoli o gruppi di insegnati e dirigenti, mettere a tema grandi questioni come il rapporto tra competenze e discipline, la definizione del curricolo e del profilo d’uscita dello studente, il significato e la finalità della valutazione fino al senso e allo scopo dell'orientamento. Per le aziende e le attività professionali, per chi le dirige e ci lavora accogliere studenti in alternanza e partecipare alla progettazione e alla valutazione del percorsi significa essere costretti a ripensare alla propria impresa, al modo in cui si affronta il lavoro e le scelte che quotidianamente si debbono fare. La presenza di quei ragazzi sfida ad uscire dalla propria routine quotidiana e dall’autoreferenzialità, a dare ragione delle proprie scelte e a guardare con maggiore determinazione al futuro; per sé e per loro.

Per tutti, studenti scuole e imprese, l’alternanza scuola-lavoro è una sfida a lavorare insieme a un progetto comune che va oltre la semplice formazione e l’utilità del lavoro: ha un’ampiezza educativa tale da costituire fattore di sviluppo per tutti i soggetti coinvolti e, quindi, di crescita per ciascuno.