N.10 - Arriva il Piano Nazionale Scuola Digitale

2015_2016_10-arriva-il-piano-nazionale-scuola-digitale.pdf80 KB

Ecco il PNSD, documento di indirizzo del MIUR per innovare il sistema scolastico tramite la digitalizzazione. I numeri del piano già da soli fanno spavento: un miliardo di euro di investimento, quattro ambiti di intervento e 35 azioni da subito fino al 2020. Il Governo sul digitale ha deciso di ingranare la quinta e mostra di avere fatto i compiti predisponendo un progetto che sa bene di doversi muovere a tutto campo per poter essere incisivo e non cadere negli errori del passato; soprattutto un progetto che non nasconde l’ambizione di «generare una trasformazione culturale». Su molte premesse si può concordare; allo stesso tempo non si può fare a meno di evidenziare un eccessivo sbilanciamento sui metodi, che rischia di poggiare la riforma su una visione non realistica della dinamica dell’apprendimento.

Nelle quasi 140 pagine del documento troviamo ben concatenati obiettivi, risorse, strumenti, priorità, azioni, tempi. E sono sicuramente apprezzabili le tante attenzioni date a correggere alcuni grandi errori commessi nel passato quando le ingenti somme investite sono naufragate contro il gap infrastrutturale e la difficoltà a fare accogliere le novità dagli insegnanti. Ricordiamo a titolo d’esempio per un verso l’inadeguatezza dei collegamenti ad internet e delle reti interne, l’insufficienza delle macchine per numero o reciproca compatibilità, l’adozione di standard non unificati, per l’altro verso i corsi di formazione limitati alle istruzioni d’uso di hardware e software, la mancata attivazione di forme di discussione e di tutoraggio o la scarsa diffusione delle buone pratiche.

Di fronte ad un mondo pervaso dai media e dalle tecnologie digitali è sicuramente necessario che la scuola, come tutti gli attori educativi, si preoccupi che i ragazzi prendano consapevolezza delle grandi opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dei cambiamenti che esse stanno portando, dei rischi connessi al loro utilizzo e che quindi assumano un comportamento attivo e critico.
È anche vero che circa l’introduzione della digitalizzazione, anche laddove il processo è già stato avviato, non mancano dei segnali che motiverebbero una maggiore prudenza. Ci riferiamo ai vari allarmi sulla frammentazione dell’attenzione, la diminuzione della concentrazione, la difficoltà di effettuare sintesi e produrre argomentazioni articolate nati dall’osservazione sugli studenti e sui quali auspichiamo vengano condotti adeguati studi.

In tutto il ricco disposto di obiettivi e azioni contenuto nel PNSD, però, la nota a nostro avviso più critica è data da una dominanza del metodo e della strategia, che finisce per mettere in ombra quell’approccio epistemologico e culturale che dovrebbe essere la vera novità del piano, quasi bastasse l’adozione di metodologie più funzionali per innalzare la qualità del sistema formativo.
Qual è lo scopo della scuola? Che cosa è la conoscenza e cosa la favorisce? Ogni intervento sul sistema scuola è chiamato a confrontarsi con queste domande per acquistare la necessaria chiarezza dei fattori in atto, di quali siano i fini e quali gli strumenti al loro servizio.
Pur riconoscendo l’importanza dell’alfabetizzazione digitale e dell’educazione alla cittadinanza digitale, crediamo che il digitale abbia prevalentemente un ruolo di strumento al servizio della conoscenza e della didattica.
A tale riguardo il recente rapporto OCSE e l’interessante studio condotto da UVAL “Gli effetti degli investimenti in tecnologie digitali nelle scuole del Mezzogiorno” aprono interrogativi sulla effettiva incidenza dell’investimento sull’innalzamento dell’apprendimento. Nello specifico, lo studio di UVAL sostiene che «gli effetti positivi non sono automatici ma vanno ricercati attraverso un uso consapevole e mirato delle tecnologie» (par. V.1).

Da parte nostra, basandoci su quanto sperimentiamo nella pratica didattica, non possiamo constatare quanto sia determinante la relazione tra docente e discente e la capacità che il primo ha di assumersi il bisogno formativo del ragazzo, di provocare il proporsi della persona, di selezionare gli strumenti più opportuni che favoriscano l’impegno della sua ragione con la “cosa” da conoscere.

Quello che ci preme è che qualsiasi tecnologia e metodologia non sia mai sganciata dalla domanda sulla natura della conoscenza così come emerge dalla osservazione degli studenti con cui siamo quotidianamente in relazione. Sicuramente siamo di fronte ad un cambiamento che ci invita ancor di più a divenire attori responsabili e ad approfittare o ricercare le occasioni di confronto e di giudizio, per le quali ci mettiamo fin da ora a disposizione.