N.2 - Il metodo delle Botteghe e il potere delle storie

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Ad anno scolastico ormai avviato si ricomincia a discutere di formazione e di ciò che serve di più ad affrontare la quotidianità e la straordinarietà dell'avventura scolastica. Dal canto nostro ricordiamo l'originalità e la suggestività de “Le Botteghe dell’Insegnare” di Diesse, strumenti flessibili di formazione che, a partire dall'iniziativa di un insegnante che desidera comunicare ad altri colleghi ciò che ha scoperto e ha appassionato lui in un certo percorso, 'tiene a bottega' quanti decidono di seguirne i passi e di arricchirne man mano, insieme, l'avventura conoscitiva, nonché la capacità di rischio e la possibilità di verifica di quanto intuito.

Anche quest'anno le Botteghe di Diesse inizieranno il loro lavoro durante la Convention del prossimo 20 e 21 ottobre, inaugurando un sentiero che continuerà a snodarsi durante tutto l'anno scolastico con appuntamenti in webconference e/o in presenza.
Quest’anno vorremmo trovare il modo di raccontare quello che accade dentro questi veri e propri laboratori metodologici, in cui esperienza e riflessione si mescolano in una dinamica di relazioni professionali vive.

Una delle Botteghe più interessanti, ad esempio, è quella de “Il libro fondativo”, in quanto tenta di intercettare un bisogno della scuola, quello di favorire l'incontro tra gli studenti e la letteratura, di far scoprire, o riscoprire, il motivo per cui valga la pena leggere un libro a voce alta, in classe, ai propri alunni. Il nostro è di per sé un tempo che sembra non aver bisogno di libri, perché ne ha già troppi, o per la concorrenza di altra informazione veicolata digitalmente. Spesso la gente non legge, o legge male, perché la nostra società vive di slogan grossolani che dispensano dal pensare. E purtroppo la scuola può aver contribuito a questo, affogando l'insegnamento della letteratura, spesso, in una pratica scolastica affidata a strumenti tecnici e priva di vita.

Simone Weil scriveva che certa “cultura” per sua natura tende ad eliminare o anestetizzare il carico di rivolta e il dramma umano che si cela dietro qualunque creazione artistica, e spesso così riduce l'arte ad oggetto per musei e biblioteche, per intellettuali “professionisti” o visitatori annoiati della domenica.

Eppure, imbattersi nella Parola, nel gesto artistico, è come immergersi nell'acqua: non lo si può fare senza bagnarsi. Leggere infatti significa rimanere segnati, portare con sé, per il resto della vita, i segni di quell'incontro. L'unica condizione necessaria per l'accadere di questo Mistero che è l'arte, di questo Mistero che abita la parola, è porsi davanti ad essa da uomini. L’uomo infatti è strutturalmente esigenza di significato. Non gli basta vivere, ma esige un significato per vivere. Ecco quindi che con il nascere della domanda inizia il viaggio alla ricerca del senso del vivere. Per compiere questo viaggio non possiamo aspettare di aver trovato le risposte: ogni giorno ci alziamo e dobbiamo affrontare la realtà. Anche se non sappiamo cosa sia l’amore, la verità, il dolore, la morte … ogni giorno dobbiamo affrontarli e vivere. Per questo diventa interessante e utile una “mappa” che ci permetta di comprendere meglio la realtà, faciliti il nostro viaggio, dandoci almeno delle indicazioni di massima sulla direzione da prendere. Le storie che la letteratura ci offre sono questa mappa di senso. Questo è il loro potere. L'umano rinasce da qui e quindi la scuola può rinascere da qui.

La lettura in classe di testi fondativi - e integrali - da parte dell’insegnante, aiutando i ragazzi a capire la loro vera natura e il valore della vita, può offrire una strada e può contribuire, ad esempio, al superamento di tanti atteggiamenti diseducativi che serpeggiano tra i giovani, dettati magari da una certa superficialità. Quale racconto fonda oggi la nostra civiltà? Quando proponiamo delle letture, quale mappa del mondo, quale senso doniamo ai nostri studenti? La scelta diventa determinante ed è preferibile orientarsi su testi che rivelino la natura dell’uomo nelle sue caratteristiche evidenti e necessarie: l’uomo è costituito di corpo e anima (con il suo desiderio di infinito) ed è un essere limitato.

La storia degli ultimi anni di lavoro sulla (ri)scoperta di testi "fondativi" - storia fatta di incontri con tanti insegnanti - è la documentazione dell'umanità di giovani e adulti rinati dentro l'incontro con la letteratura. Ecco allora che in un istituto professionale di Milano accade che 27 alunni demotivati e arresi, di fronte ad un’insegnante che decide di comunicare se stessa attraverso testi di Mc Carthy o Verne, ritrovino interesse, soddisfazione e si mobilitino per lavorare e anche migliorare. Oppure è sorprendente notare quanto nella scuola primaria i bambini si coinvolgano nell’ascolto della storia di Pinocchio al punto da commuoversi, da leggere la propria esperienza e da cogliere con stupore la similitudine tra l’episodio in cui Pinocchio si pente e chiede perdono alla fata buona e la parabola del “Figliol prodigo”, come è accaduto in una classe terza. E ancora si rimane stupiti che in una scuola primaria di Lagos in Nigeria alcuni insegnanti - con cui attraverso circostanze strane è nata un’amicizia e un confronto sul piano professionale - stiano leggendo in classe Andersen, Collodi ecc. suscitando grande partecipazione tra i bambini. Si capisce che possa anche accadere che un gruppo di insegnanti delle “medie” di una scuola statale in provincia di Verona decida di sostituire l’antologia con una serie di libri di narrativa da leggere in classe, creando così una sorta di "canone" di libri imprescindibili per la formazione umana e culturale dei nostri giovani (vd. punto 3 del link https://librofondativo.blog/progetti/).

Un tale lavoro sui testi, inoltre, si amplia anche fino a capire quali siano i margini d'intervento all’interno delle Indicazioni Nazionali, di che tipo siano gli obiettivi raggiunti e quali possibilità ci siano di sondare le “capacità personali”, le non cognitive skills, che si sviluppano attraverso il percorso de Il libro fondativo: un lavoro arduo - perché non c'è nessuna soluzione precostituita - ma affascinante, perché rimette anzitutto noi alla ricerca delle piste da seguire, per dialogare al meglio con l'umanità che incontriamo nelle nostre classi.

Come ci ricorda Pavese: “I libri non sono gli uomini, sono mezzi per giungere a loro; chi li ama e non ama gli uomini, è un fatuo o un dannato... In conclusione, non si vede con che diritto, davanti a una pagina scritta, dimentichiamo di essere uomini e che un uomo ci parla.

Nell'augurare a tutti di fare esperienza di buone letture per sé e per i propri studenti, vi diamo appuntamento alla prossima Convention "Il piacere d'insegnare. Incontri e percorsi per scoprire la realtà", dove saranno presenti ben 20 Botteghe, un po’ per tutti i gusti, per dialogare e confrontarci al meglio su questo e altri punti nevralgici del nostro insegnamento.