N. 10 - Quando i ragazzi conoscono per davvero

La domanda cruciale del convegno “Chi sono i giovani che incontriamo oggi nella scuola?” – raccontato nella scorso editoriale – rinasce ogni giorno in chi non considera i ragazzi come un problema da risolvere, ma da loro si lascia mettere in discussione.

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Chiedersi chi sono i ragazzi coincide in realtà con una domanda decisamente personale: chi sono io che li incontro? Vale a dire: sono aperto a conoscerli? accetto la sfida? A partire da tali domande diverse centinaia di insegnanti si sono messi al lavoro, fianco a fianco con i propri alunni, per prepararli a due grandi appuntamenti che si pongono come paradigma e come eccellenza della scuola italiana: i Colloqui fiorentini e le Romanae Disputationes, che all’inizio del mese di marzo hanno visto la loro fase culminante rispettivamente a Firenze e a Bologna, dopo mesi di lavoro intenso e scrupoloso che ha rilanciato la sfida della conoscenza in alcune migliaia di ragazzi di scuola superiore, i quali si sono lasciati coinvolgere in queste esperienze.

Il convegno-concorso I Colloqui fiorentini, giunto alla sua XVIII edizione e dedicato quest’anno a Giacomo Leopardi e al «misterio eterno dell’esser nostro», ci regala almeno tre buone notizie: la prima è che la letteratura è viva; la seconda è che i ragazzi sono vivi; la terza è che letteratura e ragazzi si incontrano. Per tre mattine in un’aula di quattromila persone al Mandela Forum, o in più di settecento una sera, in Piazza della Signoria, a recitare A Silvia, il Canto notturno e l’Infinito. “I Colloqui fiorentini sono stati la cosa più vera e autentica della mia vita. In questi giorni ho avuto la possibilità di essere me stessa e di scoprire parti del mio cuore che non sapevo di avere. Tutto è stato vero, sincero e profondo: al mio fianco ci sono state tantissime persone accomunate dallo stesso desiderio. I Colloqui sono stati come la ginestra nel deserto. Tutto ciò è accaduto grazie a un uomo che duecento anni fa ha scritto parole che rispecchiano la nostra anima senza neanche conoscerci. Vorrei che il mondo iniziasse a guardare la realtà con gli occhi di Leopardi”.

A stanare il cuore di Nicole e di tanti ragazzi e insegnanti è proprio la letteratura: non quella che si ripete dai paragrafetti, ma quella che leggi nei Canti e nelle Operette morali, con cui ti confronti per mesi. Non solo: è la letteratura condivisa con dei compagni di strada. Perché, quando finiscono le lezioni e dovrebbe cominciare la gitarella, quello stupore si mette in mezzo fra gli occhi e la Cupola di Brunelleschi, fra la bocca e la bistecca fiorentina, o fra le parole pronunciate per strada.

Questo propriamente è l’irraccontabile, che Anna cerca di trattenere: “Già Leopardi era diventato uno dei miei più cari amici, le stelle in una sera nel deserto, ma con questa esperienza tutto ciò è aumentato, ascoltando la mattina delle persone che donavano altri tesori, e gli interventi durante il seminario”. Un’esperienza in cui la scuola incide concretamente sulla vita, tant’è che “il seminario continuava praticamente tutto il giorno. Insomma, dei giorni che lasciano il segno, ti scavano dentro”.

Complici anche il livello altissimo degli interventi – che a breve saranno pubblicati –, i quali hanno tenuto incollati alle sedie gli stessi ragazzi che pensavano di sapere già abbastanza su Leopardi: dalla lezione del prof. Maddalena sull’uso della parola in Leopardi all’applauditissimo prof. D’Avenia, che ha presentato un poeta maestro nell’ “estetica della ferita”. La seconda mattinata,poi, è stata la volta dei due poeti Lauretano e Rondoni, che hanno offerto una lettura tanto inedita quanto suggestiva del Ciclo di Aspasia e de L’Infinito. Il crescendo della profondità e della ricchezza degli interventi non si è interrotto nemmeno con l’ultimo intervento, del prof. Baroni, che nella rilettura di Leopardi ha evidenziato la scelta libera del poeta tra il nulla e la vita, sottolineando il ruolo che ha avuto per lui la libertà fino agli ultimi componimenti.

Insomma, non una bella parentesi, ma la scuola vera: quella in cui, mentre conosci Leopardi, l’«io che sono?» del pastore errante ti rimbomba nel cuore. “Quale capolavoro siamo? che cuore abbiamo? perché troppo spesso lo sopprimiamo?”. Il pastore errante, da oggi, ha il cuore di Elisa.

In terra bolognese, invece, si è svolto l’ultimo atto del concorso nazionale di filosofia Romanae disputationes 2019, che ha sfidato studenti e docenti sul tema “Un extrême désir. Natura e possibilità del desiderio”. In un momento della storia nel quale parrebbe che tutto sia orientato all’utile e al profitto e dominato unicamente dal potere e dalla violenza, si è deciso di interrogarsi sulla natura del “desiderio”, allo scopo di portare alla luce e riscoprire la misura autentica della vita degli uomini. L’uomo infatti è un essere che, a differenza degli altri animali, non si pacifica mai nella mera soddisfazione di un impulso, ma è abitato da un desiderio inesauribile, indefinibile, non richiudibile nel dominio del finito come nel caso del bisogno.

Il desiderio supera ogni bisogno, sta dalla parte dell’infinito: è come un fiume carsico in noi che ci conduce a un “altro” da noi, che non riusciamo mai a possedere del tutto ma che, mancandoci, ci chiama a cercarlo. Più di 4.500 studenti hanno ascoltato Massimo Recalcati, il 26 ottobre 2018, in occasione della lezione inaugurale. Migliaia le visualizzazione delle 12 videolezioni di accademici ed esperti sul desiderio nella filosofia, diffusi sul canale Youtube di RD. Tra tutti questi studenti, 1050 hanno partecipato alla due giorni finale svoltasi a Bologna l’8-9 marzo scorsi, con un elaborato scritto o video, e candidandosi al torneo di dibattito filosofico Age contra nelle categorie Junior (classe III e IV) e Senior (classe V). Tutti mossi dal fascino di comprendere di più quella parte di noi, che è la più umana, ma anche la più inspiegabile razionalmente, che è il desiderio.

Desiderio con cui i ragazzi hanno dimostrato di non voler smettere di fare i conti, sfidati – tra l’altro – dalle parole ascoltate da Massimo Recalcati: “Cosa hai fatto della tua vita, cosa ne hai fatto dei tuoi talenti? Sei stato all’altezza, cioè conforme alla legge del desiderio, oppure l’hai tradita, oppure l'hai ingannata? (…) se tu resti coerente con l'inclinazione singolare della legge del tuo desiderio la tua vita sarà vita ricca, generativa, se invece ti opponi a questa voce, la silenzi, la cancelli, la soffochi, la tua vita sarà una vita triste. La tristezza della vita dipende dalla vicinanza o dalla lontananza dalla legge del desiderio”.

E dopo avere sentito vibrare interiormente la provocazione di Recalcati, a ognuno di noi tocca rispondere a questa domanda: nella vita e nel proprio lavoro, nel rapporto tra docenti e allievi, tra amici e colleghi, o ancora nella bellissima fatica dello studio.