N. 12 - Tutto ci interessa. Anche l'Europa

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Ogni consultazione elettorale ci provoca a rispondere ad una domanda: cosa ha a che fare il gesto del voto e tutto quello che gli ruota attorno (candidati, programmi…) con il destino di quel particolare che è la vita quotidiana nostra e delle persone con cui viviamo e, per noi insegnanti, con la vita dei nostri studenti e colleghi?

In fondo, basterebbe già porsi, almeno per un attimo, questa domanda per rendere le elezioni interessanti, perché ci strappano almeno per un po’ dal rischio di considerarci autosufficienti e di limitare lo sguardo alle nostre piccole o grandi problematiche, per riportare in superficie una delle nostre esigenze naturali fondamentali, quella che «la convivenza aiuti l’affermazione della persona» (Giussani).

Eppure, nel caso delle elezioni europee la distanza tra il mondo personale e le grandi questioni comunitarie sembra incolmabile: gli ideali dei padri dell’Europa appaiono lontani o addirittura superati e l’Italia sembra viaggiare in una dimensione altra rispetto al resto d'Europa. E nemmeno gli indubbi benefici che il nostro Paese ha tratto dall’essere fin dall’inizio nell’Unione (pensiamo, per limitarci alla scuola, ai progetti di interscambio culturale e didattico, ai PON, all’Erasmus, etc) sembrano capaci di motivare un reale interesse.

Un aiuto a cambiare prospettiva sulla questione, per tentare di superare il dualismo tra vita personale e “grande” politica, ci viene provando a guardare l’esperienza di Diesse di questi anni. Il tentativo di condividere l’esperienza professionale di tanti insegnanti, le iniziative piccole e grandi che coinvolgono docenti e studenti, i giudizi, le pubblicazioni, i convegni, hanno sostenuto e spesso ridestato in tanti la passione per l’insegnamento, l’attenzione ai ragazzi, la responsabilità per la scuola.

Quello a cui abbiamo assistito ci documenta che Diesse, pur nei suoi limiti, è un’opera che, attraverso un dialogo aperto e una condivisione operativa, favorisce negli insegnanti la ricerca continua del senso della propria professione e del proprio ruolo nella società italiana ed europea. In questo senso l’associazione è un’opera già politica, perché svolge un servizio al bene comune e, sebbene per esistere non abbia bisogno del riconoscimento della politica “istituzionale”, certo vorrebbe trovare in essa quella sana capacità di valorizzare quei corpi intermedi che alimentano e rinnovano la vita della società, in un’ottica sussidiaria.

Crediamo dunque che l’Europa abbia oggi bisogno di opere così, ambiti nei quali possano sorgere soggetti vivi: coscienti dei propri bisogni, responsabili di fronte alla realtà, capaci di dialogo e di iniziativa, attivi e propositivi anche nel campo dell’azione politica.

Se è quindi evidente che l’Europa debba essere ripensata, tale rinnovamento non potrà partire da un progetto astratto, ma da quelle forze vitali che sono ancora rintracciabili dentro la società del nostro continente.

Il tema dell’educazione è stato centrale in questi anni in Europa e, spesso, scelte del nostro Paese sono state conseguenza di orientamenti ed indirizzi provenienti dal Parlamento europeo: per questo il voto del 26 maggio non ci lascia indifferenti. E per questo guardiamo con interesse chi vuole rendere questa Europa uno spazio di libertà e di democrazia, lo spazio dei popoli e non delle lobby.