N. 4 La forza della persona

nl4_la_forza_della_persona.pdf141 KB

Tutti siamo rimasti impressionati, alcuni giorni fa, dalla distruzione portata a Venezia dall’acqua del mare. Molti hanno perduto la casa, il lavoro, la ricchezza di tutta una vita… Un abitante dell’isola di Pellestrina scrive ad un amico: “come può un uomo avere tutto e in pochi secondi niente più? Sentirsi all’improvviso così è massacrante, fa male. Quel giorno mi son ritrovato al buio in strada con l'acqua al torace: lì in un istante tutta la mia certezza si è annullata, e prevaleva il mio grido, ma perché? Sembrava che la disperazione volesse abbattere tutto. E lì per lì mi domandavo: finisce tutto qua? è questo il mio bisogno? è questo ciò che mi determina? Quel perchè vuole trascinarti nel baratro, dove tutto dice il contrario di ciò che costituisce il tuo io. Ma la mia famiglia ha ancora me, i miei amici, e questo sono certo che va oltre la disperazione, anche se non toglie il dolore, le tragedie. Per questo ringrazio perché tu, gli amici, mio padre, la famiglia siete quella forza silenziosa, ma potente che permette di demolire quel ma perché? ”.

Di fronte a tale racconto ci si può fermare un attimo con una riflessione: qualunque evento della vita, drammatico o meno, può essere affrontato tanto più adeguatamente quanto più il soggetto che lo vive è una persona, ha cioè una struttura e una solidità tali da poter andare al di là degli eventi nudi e crudi, fino a ricercare il senso profondo e le ipotesi adeguate per rispondere a ciò che la vita gli riserva.

Appare evidente la corrispondenza con quanto richiamato da Bernhard Scholz nell’incontro conclusivo della recente Convention Fare scuola nel cambiamento d’epoca, dello scorso ottobre, quando ha sottolineato che per stare di fronte alla complessa realtà del nostro tempo è decisiva la persona, la coscienza e la forza dell’uno, del soggetto. È questo il nodo della questione educativa della scuola italiana: poiché viviamo in un’epoca di forti cambiamenti, senza sapere come sarà il domani, l’unico modo per attrezzare i giovani ad affrontare un nuovo corso ancora nebuloso è puntare all’unico elemento vincente, che è la ricchezza e la peculiarità dell’uomo: essere, quanto più possibile, “persona”.

Che significa educare “persone”? Significa anzitutto che la scuola non si può limitare a far conoscere ai giovani solo i molteplici aspetti della realtà attraverso le discipline, ma deve aiutarli a conoscere se stessi e il mondo. E ciò è tutt’altro che scontato, non appartiene tout court al processo di crescita o educativo: anche molti adulti credono di conoscere se stessi, salvo poi ricredersi quando l’impatto con la realtà rivela nuovi aspetti di sé e fa emergere fragilità e risorse dentro ciascuno.

La Convention ha riproposto con forza che lo scopo ultimo della scuola – e quindi del lavoro di ogni insegnante - è sostenere i giovani affinché diventino soggetti capaci di interporsi con la realtà e di mettersi in gioco, capaci di senso critico: l’alternativa è lasciarli in balìa del potere che per sua natura sminuisce la loro umanità, asservendola a se stesso. Dove non è chiaro lo scopo dell’educazione, il giovane che possiede molte conoscenze può incappare nell’illusione della tecnocrazia: conosco la realtà, quindi posso possederla, gestirla e usarla secondo i miei scopi personali, senza considerare l’elemento più vero, cioè che la realtà non è una proprietà dell’uomo – come sembra affermare il nuovo “transumanesimo” – ma è un “dato” o meglio un insieme di “dati” con cui dialogare e interagire.

Nell’insegnamento di ogni giorno tutto ciò si traduce nell’attenzione e nella valorizzazione di una certa umanità degli alunni, elemento che genera pian piano un clima positivo e propositivo, uno spazio in cui diventa più facile per i ragazzi esercitare la propria libertà di iniziativa, anche solo per intervenire e partecipare in modo attivo alle lezioni. Del resto se il compito di porre attenzione all’umanità dei giovani oggi non può essere affidato agli insegnanti, chi se ne farà carico?

Davanti a questo compito così delicato ma affascinante, vorremmo che il lavoro di un’associazione come Diesse – come è stato palpabile durante la Convention – non si riduca appena a fornire spunti di formazione oppure occasioni di aggiornamento, ma si caratterizzi sempre di più per la sua forza di mettere in atto una “compagnia ideale” di insegnanti che condividono nel tempo i propri tentativi e i propri successi, comunicando la loro esperienza e contagiando amici e colleghi.

Per questo a breve saranno disponibili i video delle relazioni della Convention: suggeriamo di riprenderli e di favorire occasioni di confronto. Così come suggeriamo di riprendere le recenti pubblicazioni delle Botteghe dell’insegnare.

È un lavoro che insieme vorremmo sostenere in questo anno, un lavoro che veda protagonista ognuno di noi. E che trovi occasioni e forme di documentazione e condivisione.