N. 6 - L'orientamento e le ampie praterie da cavalcare

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Per affrontare il tema dell’orientamento, non si può non partire da un dato impressionante: 600 mila abbandoni del percorso formativo all’anno. Vuol dire che qualcosa non funziona. E allora proviamo ad andare a vedere: che significa per gli insegnanti e le famiglie sostenere i giovani impegnati in questo periodo nella scelta della scuola secondaria superiore? Che cosa succede davvero nelle scuole e nelle classi, aldilà della vetrina degli open days?

Rispondere a questa domanda non è semplice, perché è una specie di poliedro, di cui si possono vedere facce, aspetti diversi a seconda dei soggetti interessati. Proviamo a passarli in rassegna.

Partiamo dalle scuole. Qual è il loro obiettivo? Il più delle volte è molto pragmatico: acquisire il maggior numero possibile di allievi, per garantire le cattedre, i posti di lavoro. E, con questo obiettivo in mente, troppo spesso le scuole non guardano davvero al bene reale dei ragazzi: l’importante è che si iscrivano da me, poi si vedrà.

Dal punto di vista delle famiglie, l’orientamento genera tensione e ansia. Nel cambiamento vorticoso del mondo di oggi infatti i parametri tradizionali dei percorsi formativi, che garantivano con ottime probabilità un percorso lineare da un certo tipo di scuola a un certo tipo di lavoro, sono saltati. E allora i genitori corrono affannati da un open day all’altro, cercando di indovinare quale scuola offra maggiori garanzie di successo. Ma con quali criteri si giudicano le proposte delle scuole? Anche qui, troppo spesso ai lustrini della vetrina non corrisponde una proposta all’altezza. Tanto che sempre più spesso i ragazzi, all'università ma ormai anche alle superiori, vivono i primi anni come un orientamento: se capiscono di aver sbagliato scelta, cambiano.

Qui salta fuori un elemento molto interessante: per orientarsi, i ragazzi hanno un grande bisogno di provare in prima persona. Nonostante il fatto che negli ultimi anni molte scuole abbiano attivato modalità più coinvolgenti (ad esempio laboratori orientativi, anche in un’ottica di continuità tra primo e secondo ciclo, e tra scuola primaria e scuola secondaria), l’orientamento oggi è quasi sempre un’attività di cui loro sono soggetti passivi. Infatti nella maggior parte delle scuole l’orientamento è affidato agli insegnanti o a “esperti” (per lo più psicologi) che guardano alle caratteristiche che loro vedono – la sottolineatura è importante… - del ragazzo e gli suggeriscono verso quale indirizzo di studi orientarsi.

Questa è una prospettiva assolutamente riduttiva: l'orientamento è in primo luogo un'esperienza del soggetto che deve acquisire dei criteri, seguire degli indizi, accompagnato dagli altri ma non sostituito. L’orientamento è una circostanza che suscita potentemente e drammaticamente nel ragazzo la domanda sulla propria identità. Essa richiede la compagnia di un adulto che provochi il giovane a individuare le proprie peculiarità in quello che vive a scuola e nelle attività didattiche che si auspica possa frequentare nelle visite alle scuole superiori.

Arriviamo dunque al punto di vista dei docenti, il nostro. In questo scenario, qual è il nostro compito? Oggi per noi la sfida è riscoprire che ogni aspetto del nostro lavoro in classe ha in realtà una valenza orientativa. Non c’è attimo della lezione, non ci sono argomento o modalità dell’insegnamento che siano neutri. C’è un modo di far scuola – una scelta degli argomenti, una scelta dei modi di affrontarli, di chiedere agli alunni di rielaborarli e di riproporli… - che valorizza i diversi stili cognitivi, le differenti abilità che i nostri alunni hanno; e che perciò li aiuta a scoprire quali sono i loro talenti, le loro doti, le inclinazioni che sono più in grado di sviluppare. E c’è un modo di far scuola che tende a livellare tutti su un modello solo di apprendimento, e tutti quelli che non si adattano cominciano a pensarsi – appunto – inadatti, incapaci.

Dal punto di vista istituzionale, difficilmente la scuola riesce a guardare a questa grande esigenza trasversale di orientamento del soggetto. Ma per insegnanti appassionati al proprio lavoro e ai propri ragazzi ci sono ampie praterie da cavalcare, come qualcuno fa pazientemente in classe e magari prova a raccontare