N. 8 - La scuola al tempo del coronavirus: dalla sfida dell'innovazione alla sfida educativa

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La parola emergenza è quella che ricorre con più frequenza dal 23 febbraio 2020, quando nelle prime zone dei focolai nel nuovo Covid-19 è iniziata la chiusura delle scuole.

La nuova improvvisa realtà, fluida e piena di interrogativi, ci fa vivere come in una bolla su ogni fronte; non da ultimo sul fronte scuola: essa è infatti il luogo di aggregazione per eccellenza, il luogo in cui attraverso relazioni significative si realizza quotidianamente per gli studenti e le studentesse il processo educativo e di apprendimento. Per evitare che questa relazione significativa ed essenziale venga meno, nei vari provvedimenti che si sono susseguiti ha preso sempre più consistenza la didattica a distanza (DaD). Già ciascuno di noi ha iniziato a rimodulare il proprio insegnamento grazie ai vari tentativi proposti da ogni parte, compresa la task force ministeriale per implementare la DaD. Ma basterà tutto questo a indurre i docenti a cambiare in pochissimo tempo - e senza magari avere le competenze digitali necessarie -il proprio modo di fare didattica efficacemente?

Ci vuole qualcuno o qualcosa che induca in noi una riflessione motivante sulla valenza educativa della didattica digitale durante una situazione straordinaria come quella attuale. Degna di citazione in tal senso ci è apparsa qualche settimana fa la nota del Direttore dell’USR dell’Emilia Romagna. Tra gli aspetti da lui descritti per accompagnare nell’inedita avventura della didattica digitale urbi et orbi, colpiscono le seguenti affermazioni: “L’educazione critica è uno dei fondamenti di senso del fare scuola. In questo tempo di oggettiva confusione comunicativa, psicosi e comportamenti irrazionali, assume particolare importanza anche l’attento accompagnamento degli studenti alla comprensione della realtà, al discernimento di ciò che è reale da ciò che reale non è, ad esempio per non essere travolti da fake news. Solo così si impara a fronteggiare la paura ed a riconoscere riferimenti autorevoli”.

In questo momento storico particolare vale la pena fare didattica con una strumentazione diversa, non appena per andare avanti con il “programma”, o per timore di possibili ricorsi da parte dei genitori per non avere accumulato congrui elementi, quanto per essere e rimanere riferimenti autorevoli per i nostri giovani.

Così in vari luoghi dell’Italia sono iniziate le riflessioni sui significati del fare scuola, come testimonia una lettera inviata da una docente siciliana ai suoi alunni: “Possiamo vivere queste settimane usando il nostro tempo, in cui non è scontato 'stare bene', per cercare di capire un po'di più la vita imprevedibile e i suoi segreti: osservare la natura, riflettere sulla propria vita e scrivere i propri pensieri; leggere qualcosa che affina i nostri gusti: possono essere tutte attività educative come (o più) della scuola, che potremo condividere liberamente coi mezzi che abbiamo sia da subito sia al nostro rientro! Vi auguro di non sprecare i giorni liberi dalla scuola, ma di fare a gara per aggiungere nuove tessere colorate al mosaico della vita!”.

Se si parte da questa consapevolezza, allora nasce anche il desiderio di innovare nella didattica con l’intento di valorizzare ciascuno, come ci testimonia un’altra docente che scrive a dei colleghi nella chat di un webinar sulla FAD: “In questi giorni rispondendo personalmente alle mail dei ragazzi, per la correzione dei loro lavori individuali, sto sperimentando una vicinanza a ciascuno di loro… paradossale! Ad ognuno alla fine mi trovo ad assegnare consegne ed esercizi diversi, perché i punti di debolezza sono diversi!”.

Altre insegnanti bolognesi di vari gradi d’istruzione raccontano: “Dopo la proroga della chiusura scolastica in tre ci siamo viste a pranzo, condividendo la necessità di rimanere in contatto con i nostri alunni attraverso i migliori strumenti possibili, senza demandare alle famiglie il nostro compito educativo, e per raggiungere anche i nostri alunni spesso "irraggiungibili". Abbiamo cercato chi potesse darci una mano e abbiamo avuto il contatto del prof. Frontoni, docente presso il Politecnico delle Marche, che con una disponibilità commovente e con grande solerzia ha predisposto un workshop per aiutarci a gestire alcuni supporti tecnologici adatti a sostenere la DaD. Nel giro di poche ore di passaparola ci sono arrivate 52 richieste di poter partecipare alla formazione! Moltissimi i temi discussi: capacità tecnologica, privacy, fasce di età, relazione, valutazione, compiti di realtà, educazione e non addestramento. Abbiamo avuto chiaro che solo mettendosi a lavorare e ad imparare si diventa creativi, cioè capaci di adattare le proprie finalità educative alla realtà. Soprattutto siamo chiamati a mettere a tema il senso del nostro lavoro. Dopo pochi minuti dalla fine dell’incontro via web sono arrivati i primi messaggi per ringraziare e per chiedere di continuare questo lavoro, come chi ha scritto: ‘A me è venuta voglia di tentare. È vero che assegnare compiti non basta; tentare di interagire con i miei studenti mi corrisponde di più. Il webinar a cui ho partecipato è stato un esempio di compagnia professionale e concreta rispetto al desiderio di stare davanti a questa circostanza da insegnanti, cioè ... da discenti’ ”.

E le insegnanti e i bambini della scuola dell’Infanzia, in tutto ciò? “Maestra, guardami!”. Questa è la frase più ricorrente, in quel contesto, ma ora – ahimè – quasi impossibile da realizzare. Occorre allora tornare allo scopo: quando i bambini fanno questa richiesta, non significa appena che l’insegnante volga fisicamente gli occhi su di loro, ma che l’insegnante sia presente e li abbia in mente, perché per costruire il proprio ‘io’, è necessario il rapporto con un ‘tu’ significativo. Questo è ancora possibile oggi! Iniziano ad esserci tanti esempi di docenti dell’Infanzia che mandano brevi video ai bambini con saluti affettuosi, proponendo attività didattiche o laboratori ricreativi da poter fare a casa. Ciò che rimane essenziale è essere presenti: è importante che i bambini percepiscano di essere ancora nella mente e nel cuore degli adulti, di essere nei pensieri, di avere le maestre che li aspettano per riabbracciarli non appena sarà possibile. Diventa allora interessante utilizzare la tecnologia per aiutare adulti e bambini insieme a riscoprire la bellezza del preparare una torta, del fare una passeggiata, dello scoprire aspetti trascurati della realtà quotidiana: vivere la vita e il mondo che ci è dato... che non è per niente scontato.

Insomma la scuola, in questo momento di emergenza sanitaria, anche se non apre i suoi spazi fisici agli studenti, può aprire i suoi spazi virtuali, che non hanno confini. La didattica a distanza, in tutte le sue modalità, anche in quelle più semplici è di grande aiuto per mantenere vivo il rapporto tra docenti e discenti. Proprio per questo Diesse nelle prossime settimane cercherà di condividere esperienze significative, accompagnare tentativi e rispondere a questioni aperte.