N.8 - Valutazione e autonomia

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Il primo step applicativo del Sistema Nazionale di Valutazione prevede, entro ottobre 2014, l’avvio da parte delle scuole dell’autovalutazione di istituto secondo il format predisposto dall’Invalsi. Il MIUR, con la CM n. 47 del 21 ottobre ha trasmesso alle scuole la Direttiva ministeriale n. 11/2014 che ha reso obbligatorio per tutte le scuole svolgere attività di autovalutazione interna.

Come si sa il Regolamento, DPR n. 80/2013 prevede un sistema di supporto alle scuole, cioè indicatori e dati informativi (forniti da Invalsi e MIUR), e personale esterno alle scuole (ispettori ministeriali ed esperti di organizzazione dei sistemi complessi), per consentire alle scuole di individuare al loro interno i punti critici e fare piani di miglioramento, anche attraverso la formazione erogata non solo dall’Indire ma anche da altri enti formatori come le associazioni professionali e le università.

Il Sistema delineato dal Regolamento è un buon compromesso fra una valutazione quantitativa hard, finalizzata a stabilire graduatorie di scuole, limiti ai finanziamenti ecc., ed una valutazione qualitativa soft, come sono stati i progetti di autovalutazione diffusi negli anni ’90, più concentrati sui “processi”. Il problema maggiore, che richiede un urgente miglioramento dell’offerta formativa, è la disparità anche vistosa fra scuole di una zona geografica rispetto a un’altra, fra livelli in uscita di certe scuole rispetto ad altre, in sintesi la mancanza di omogeneità del sistema-scuola in Italia. Non a caso la direttiva pone fra le finalità la riduzione delle differenze fra scuole e aree geografiche, il rafforzamento delle competenze di base degli studenti rispetto alla situazione di partenza, la valorizzazione degli esiti a distanza nell’università o nel lavoro.

Dati obbligatori per l’autovalutazione sono i risultati delle prove Invalsi, finora utilizzati realmente solo da una minoranza di istituti. In questi giorni anche le scuole superiori stanno ricevendo la password per accedere ai loro risultati; per il primo ciclo pare che fin dalle prime ore di accesso siano state numerosissime le scuole che hanno scaricato i dati, e si spera che anche per le scuole secondarie accada lo stesso.

Inoltre, nel tempo trascorso fra l’approvazione del Regolamento e la direttiva appena uscita l’intero pacchetto di indicatori e di procedure è stato sperimentato attraverso il progetto Vales, e oggi dovrebbe essere possibile controllare che il pacchetto funzioni. Se le scuole sono invitate a produrre un “rapporto di autovalutazione” ed eventualmente un “piano di miglioramento” bisogna che i processi siano positivamente connessi con i risultati di apprendimento (del tipo: quanto incidono costituzione del corpo insegnanti, inclusione, ampliamento della didattica, implementazione della strumentazione informatica, riorganizzazione interna, etc.?). Per valutare «i propri punti di forza e di criticità» e «porre in relazione esiti di apprendimento con i processi organizzativi-didattici all’interno del contesto socio-culturale» per individuare le priorità e gli obiettivi di miglioramento, è decisivo il nesso causale fra un certo processo e un certo risultato.

E qui c’è un altro punto critico, sul quale sarebbe opportuno si concentrassero gli sforzi delle scuole. Nelle ricerche internazionali un fattore che pare correlato a livelli alti di apprendimento è il tasso di autonomia delle istituzioni scolastiche, ma proprio l’autonomia in Italia non è mai stata attuata pienamente, e nel documento sulla “Buona scuola” dell’attuale governo non sembra essere una priorità. Chi governa deve rendersi conto che in mancanza di strumenti di autogoverno e di reali spazi di autonomia le scuole non avranno la possibilità di svincolarsi dalle routine, dagli schemi operativi del passato, né potranno intraprendere la strada dell’effettiva responsabilità rispetto ai risultati.